Tribunale

lunedì 24 Febbraio, 2025

Perfido: oggi le sentenze d’Appello per gli otto già condannati a 76 anni totali

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La procura generale chiede la conferma delle pene inflitte a luglio 2023: provata l'esistenza di una locale 'ndrangheta nel settore del porfido. Accuse pesanti che le difese hanno tentato di smantellare

Inchiesta «Perfido»: dovrebbe chiudersi nel pomeriggio il processo d’Appello per gli otto imputati che hanno impugnato la sentenza di condanna di primo grado per tentare di smantellare le pesanti contestazioni della Procura, censurando l’esistenza di un’associazione con carattere di una locale ‘ndrangheta in Trentino, nel settore del porfido, così come l’esistenza di accordi politici elettorali.

 

In primo grado, a luglio 2023, l’impianto accusatorio aveva retto e la Corte d’Assise di Trento aveva emesso condanne per 76 anni di reclusione totali nei confronti degli otto che avevano anche beneficiato dello sconto di un terzo della pena, come previsto dal rito che avevano scelto: l’abbreviato. Si tratta di Giuseppe Battaglia, ex assessore del Comune di Lona-Lases e imprenditore del porfido, per l’accusa con un ruolo apicale nel sodalizio, condannato a 12 anni; della moglie Giovanna Casagranda, già riconosciuta colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa, del fratello Pietro Battaglia, ex consigliere comunale di Lona Lases; ancora di Mario Giuseppe Nania, condannato a undici anni e otto mesi, considerato il «braccio armato», capace di atti intimidatori contro imprenditori e lavoratori, che avrebbe sfruttato; di Demetrio Costantino, per gli inquirenti componente di rilievo della locale; oltre ad Antonino Quattrone, Domenico Ambrogio e il commercialista romano Federico Cipolloni.

 

L’udienza di oggi
Questa mattina si torna di nuovo in aula per ultimare la discussione e non è escluso che vi siano repliche, terminate le quali la Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Eugenio Gramola, si ritirerà in camera di consiglio per uscire poi con la sentenza.

 

La pm: si confermi la condanna
La pm Teresa Rubini ha chiesto di confermare la sentenza di primo grado, con tanto di misure accessorie e revoca della sospensione condizionale concessa a Battaglia e a Casagranda. Per la magistrata l’esistenza di una locale trentina è stata accertata in via definitiva nei processi separati e ci sono elementi che provano come gli otto ne facessero parte. A suo dire sono provati anche i reati espressione delle modalità mafiose: e cioè le modalità di gestione dei lavoratori, attraverso lo sfruttamento della loro debole posizione; e i rapporti con i politici locali, fino a quando non sono diventati a loro volta politici, con posti di rappresentanza nelle amministrazioni comunali. Quanto poi alle armi per la pubblica accusa si sapeva che c’erano.