Il caso
venerdì 15 Settembre, 2023
di Benedetta Centin
Sei anni di carcere. Tanto valgono, per il tribunale collegiale di Trento, gli sfregi, le cicatrici permanenti, che un uomo di 38 anni, di origine tunisina, ha provocato alla moglie la sera del 29 giugno, quando, convinto di essere tradito, ha innescato una violenta discussione con lei, usando il coltello che teneva in auto per farle del male, per segnarle il volto in modo permanente. Un’aggressione che è stata solo verbale quando si trovavano in auto, e che è degenerata poi, una volta fuori dall’abitacolo, mentre passeggiavano nella frazione di Madrano di Pergine Valsugana. Allora l’uomo ha aggredito la trentina di 44 anni, sposata meno di un anno prima, con un coltello tipo scuoiatore. Arrivando a colpirla nella zona del collo e del volto, in particolare alla guancia e all’orecchio. Provocandole lesioni multiple ritenute guaribili dai medici in oltre un mese.
È stata infatti di 41 giorni la prognosi riportata nel referto dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove la donna è stata trasferita, in codice rosso.
Disarmato e arrestato
E non è tutto perché l’uomo, quella sera, era talmente fuori di sé che si è dimostrato violento anche all’arrivo del personale del 118, sopraggiunto con l’ambulanza su segnalazione di alcuni passanti che avevano notato la donna a terra, ferita, sanguinante. Alla vista degli operatori sanitari aveva tentato di aggredirli, agitando il coltello al loro indirizzo. Sopraggiunti i carabinieri della stazione di Pergine Valsugana e quelli di Sant’Orsola Terme, l’uomo era stato accerchiato, disarmato del coltello e arrestato. Quindi trasferito nelle camere di sicurezza della compagnia carabinieri di Borgo Valsugana dove aveva trascorso la notte. Era già comparso il giorno dopo in tribunale e allora, convalidato l’arresto, il 38enne era stato trasferito in carcere a Spini di Gardolo. Ieri è tornato in aula scortato dalla polizia penitenziaria e il processo si è chiuso con una pesante condanna. A sei anni di reclusione appunto, quando la Procura ne aveva sollecitati quasi il doppio, e cioè 10 anni di condanna.
L’imputato doveva rispondere di lesioni gravissime e permanenti al viso della moglie presente in aula, oltre che del porto del coltello che è stato sequestrato e che ora verrà distrutto come disposto dai giudici.
Ora, lette le motivazioni, la difesa potrebbe anche impugnare la sentenza e fare Appello per tentare di liminare la condanna inflitta.
«Si amano, lui le chiede scusa»
Ieri mattina in tribunale, per il tramite del suo legale, l’avvocato Giuliano Valer, l’imputato ha fatto sapere che non voleva far del male a sua moglie e ha chiesto scusa per il suo comportamento violento, spiegando anche come continuano ad essere una coppia, ad amarsi, tanto che non hanno intenzione di separarsi. E la dice lunga anche il fatto che la compagna, presente ieri in aula, non si è costituita parte civile nel processo. Nessuna richiesta di risarcimento, insomma, da parte della trentina. «Non volevo ferirla, non so come sia successo» aveva riferito il marito agli inquirenti dopo l’arresto, spiegando di essere lui quello maltrattato e vessato dalla moglie a sua dire infedele, tanto che voleva separarsi da lei, o meglio che fosse lei a chiedere la separazione. Proprio questa situazione lo avrebbe fatto perdere il lume della ragione, reagire con violenza, in un luogo pubblico, in strada, dove poi la scena è stata notata da alcuni passanti. Quanto al coltello il 38enne aveva fatto sapere: «Lo tenevo in auto». Una lama di più di otto centimetri che ha usato sulla donna che dice di amare e con cui la convivenza era, a suo dire, diventata difficile. Proprio questa circostanza, la sera dell’aggressione, lo avrebbe portato ad armarsi, a farle del male, all’apice di una furibonda discussione. A dare l’allarme erano stati dei testimoni e i carabinieri hanno proceduto all’arresto e alle successive indagini, anche sulla situazione familiare. Lui, poi, è un volto conosciuto. Non era certo la prima volta, a fine giugno, che si cacciava nei guai con la giustizia: è stato infatti già condannato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, per reati connessi alla droga e per porto di armi ed oggetti atti ad offendere.