Il fondatore
martedì 22 Novembre, 2022
di Francesca Dalrì
Nella teoria dovrebbe essere «una piccola Europa nell’Europa», uno strumento di cooperazione transfrontaliera «per migliorare la qualità della vita delle persone in Trentino, Alto Adige e Tirolo, promuovere il processo di integrazione europea e abbattere i confini, anche nella mente delle persone». Nella pratica è un’istituzione ancora poco conosciuta da cittadine e cittadini, spesso criticata. «Molta forma e poca sostanza – hanno affermato di recente i sindacati trentini Cgil, Cisl e Uil –. L’Euregio rischia di essere una scatola vuota, uno strumento utile per distribuire qualche risorsa per eventi di natura prevalentemente folkloristica». Ma Günter Platter non ci sta. L’ex governatore del Tirolo, in carica fino a poche settimana fa, fondatore nel 2011 dell’Euregio con Lorenzo Dellai e Luis Durnwalder, due volte presidente di turno (l’unico finora), nonché protagonista della riforma che nel 2021 ne ha aggiornato convenzione e statuto, non ha dubbi: «Grazie all’Euregio le tre regioni, che sono sempre stati territori poveri, sono riuscite a raggiungere una certa prosperità che, tra l’altro, molte persone ci invidiano. Sono convinto che possiamo continuare insieme su questa strada di successo».
Com’è cambiata l’Euregio dalla sua fondazione?
«È passata dalla cooperazione su singoli progetti a un modello europeo di cooperazione transfrontaliera. L’obiettivo è e rimane quello di ancorare la regione europea come identità transfrontaliera nei cuori e nelle menti delle persone. Soprattutto in tempi di crescenti nazionalismi, questo è della massima importanza in un’Europa comune: lavorare insieme per ciò che ci unisce prima di ciò che ci divide e creare una regione europea degna di essere vissuta per le generazioni future».
Oggi abbiamo l’istituzione Euregio, ma abbiamo anche un popolo Euregio?
«I tre territori sono sempre stati diversi, anche cento anni fa, quando in pochissimi potevano viaggiare da Trento a Innsbruck. Oggi siamo più mobili e flessibili, i giovani si scambiano idee, studiano e imparano all’estero. Tutto questo ci arricchisce come società. Accanto a ciò è importante riconoscere che le grandi sfide del futuro ci riguardano tutti allo stesso modo: se uniamo le forze e le affrontiamo insieme, saremo più forti e otterremo risultati migliori».
Pensa che l’Euregio faccia abbastanza per essere conosciuto dalle persone e rispondere ai loro bisogni?
«Continuiamo a migliorare. È importante che l’idea dell’Euregio cresca dal basso verso l’alto e non venga imposta. Questo è sempre stato il nostro approccio. Lo scambio di cittadini, Comuni e associazioni è la chiave per una migliore comprensione. Questo è esattamente ciò che abbiamo voluto favorire con la riforma istituzionale».
Cosa pensa delle critiche dei sindacati trentini secondo cui il programma 2023 dell’Euregio è deludente in termini di transizione ecologica e lavoro?
«Le critiche sono positive finché sono costruttive. A mio parere sarebbe quindi positivo se la cooperazione transfrontaliera fosse rafforzata anche nel caso delle parti sociali come i sindacati, che sono appunto parte della società, anche se la base giuridica in Italia e in Austria è diversa. C’è però bisogno di iniziativa personale. A livello Euregio abbiamo dato un contributo importante con lo studio Euregio-Ewcs: grazie alla collaborazione della Camera del lavoro del Tirolo, dell’Istituto per la promozione dell’occupazione Alto Adige e dell’Agenzia del lavoro del Trentino, siamo stati in grado, sulla base di questionari standardizzati dell’Unione europea, di ottenere una buona panoramica della situazione dei lavoratori nell’Euregio. I risultati dettagliati sono ora analizzati e presentati ogni sei mesi e possono fornire un buon punto di partenza perché le parti sociali possano fare rete».
In cosa consiste la riforma dell’Euregio attuata sotto la sua presidenza?
«Abbiamo introdotto elementi democratici più diretti: il maggior coinvolgimento dei Consigli, la possibilità di una più stretta cooperazione tecnica, il coinvolgimento dei Comuni e l’introduzione dei Consigli dei cittadini. A fine settembre c’è stato il primo Consiglio dei cittadini dell’Euregio ad Arco. L’entusiasmo dei 30 partecipanti di Arco, Hall e Bressanone dimostra quanto siano importanti per i cittadini la cooperazione transfrontaliera e l’ulteriore sviluppo dell’Euregio».
Lei ha affermato che con questa riforma l’Euregio può ora affrontare le sfide dei prossimi 10 anni. Quali sono queste sfide e pensa che Trentino, Alto Adige e Tirolo debbano cedere parte della loro sovranità in determinate aree per affrontarle?
«Non si tratta di rinunciare alla sovranità, ma di rafforzare la cooperazione nello spirito della sussidiarietà. Penso che questo modo di pensare, ovvero che sia necessario perdere qualcosa per fare qualcosa di meglio, sia anacronistico. È più che altro questione di diventare migliori e più efficienti attraverso una maggiore cooperazione su vari argomenti».
La pandemia ha influenzato la cooperazione nell’Euregio?
«Ci ha mostrato quanto velocemente gli Stati nazionali possano tornare ai vecchi schemi e isolarsi, anche di fronte a un virus che non conosce frontiere. Solo grazie alla stretta collaborazione dei nostri tre territori è stato possibile suscitare la necessaria sensibilità a Roma e a Vienna. Ci siamo dimostrati solidali e pronti ad aiutarci nel reperire dispositivi di protezione e nell’accettare i pazienti Covid. Penso che alla fine ci siamo avvicinati, anche se non è stato facile».
Senta, qual è stato per Lei il più grande successo di questo decennio?
«Per me è sempre stato importante mantenere e promuovere la pace sociale nel Paese, nonché creare condizioni e opportunità che permettano alle nostre giovani generazioni di guardare positivamente al futuro. Nonostante le molte crisi internazionali degli ultimi 10 anni, penso che i nostri territori siano in una buona posizione. Ma dobbiamo lavorare costantemente per imporci nella competizione globale. Queste sfide permangono e non stanno certo diminuendo».
Ha un rimpianto?
«Per 36 anni ho potuto contribuire attivamente alla politica di vertice. Come sindaco, membro della Giunta regionale, parlamentare, ministro federale e ora, per 14 anni, come governatore del Tirolo. Per me non c’è stato niente di più bello che lavorare ogni giorno per le persone nel mio Paese».
Da politico, pensa che l’Alto Adige possa soffrire con un partito nazionalista come Fratelli d’Italia alla guida del governo?
«Può soffrire con chiunque governi l’Italia. L’autonomia della Provincia di Bolzano, fondata sul diritto internazionale, è un processo dinamico continuo che non sarà mai compiuto. Ogni governo di Roma fa bene a sviluppare ulteriormente questa autonomia, perché proprio questa autonomia è un esempio luminoso nel mondo».
Lei ha lavorato con Lorenzo Dellai, Alberto Pacher, Ugo Rossi e Maurizio Fugatti: che idea si è fatto?
«Ho avuto un ottimo rapporto con tutti loro, perché i miei alleati trentini hanno visto i vantaggi della cooperazione e l’hanno promossa, che è poi l’unica ragione per cui siamo riusciti a sviluppare l’Euregio in modo così positivo. A Lorenzo Dellai, naturalmente, mi unisce l’aver fondato l’Euregio, mentre con Maurizio il mio addio alla politica. Ma devo dire che sono molto grato a tutti loro per questi meravigliosi anni. Ora possiamo dire che insieme abbiamo fatto la cosa giusta. Lontano dai rancori e dal passato, con lo sguardo rivolto al futuro: questo è il nostro Euregio».