L'evento
domenica 14 Aprile, 2024
di Simone Casciano
Luca Bocchio, uno degli organizzatori di Poplar, risponde al telefono mentre si trova all’esterno del teatro di SanBapolis. Questa sera (ieri per chi legge) Entropia, l’associazione di cui fa parte e che organizza il festival sul Doss Trento in calendario quest’anno dal 12 al 15 di settembre, ha in programma il concerto dei Bnkr44 giovane collettivo salito alla ribalta nazionale nell’ultima edizione di Sanremo e che si era esibito proprio a Poplar lo scorso settembre. «Non siamo abituati a organizzare questi concerti fuori dal nostro calendario abituale – dice Bocchio – Ma con loro ce la sentivamo e infatti i biglietti sono andati sold out e c’è una lista d’attesa di 500 persone. Organizzare questi eventi extra è una delle direzioni in cui vogliamo andare come gruppo di lavoro di Poplar».
Bocchio avete presentato i primi nomi della prossima edizione, l’impressione è che l’offerta si faccia sempre più diversificata è così?
«Sì, per noi la parola d’ordine è sempre stata evoluzione. Quest’anno stiamo provando a fare un grande passo avanti in questo senso, presentando una programmazione davvero molto internazionale. In questi anni ci siamo impegnati per costruire un forte rapporto di fiducia con il nostro pubblico, quindi ci piace pensare che se facciamo una proposta particolare, il pubblico abituale ci seguirà e così riusciamo ad attrarre anche persone nuove che scoprono il festival attraverso questi artisti. Abbiamo quindi costruito un’offerta multi genere che va dal pop italiano a sonorità più ricercate, allargando sia gli orizzonti artistici del festival che quelli geografici, viste le differenti provenienze. Posso dire che toccheremo punti coraggiosi e distanti gli uni dagli altri».
No Geography, quindi, come recita il tema di quest’anno?
«Esatto nessuna geografia nel senso di abbattere le divisioni e le distanze, favorire l’incontro tra le persone così come tra le varie proposte musicali. È un tema che si presta a tante interpretazioni, no ai confini artisti, ma anche tra il pubblico e la proposta culturale. Con questo tema volevamo rendere chiara la volontà di abbattere i confini spaziali e spingersi davvero ovunque; dall’Europa al Perù come con Sofia Kourtesis, artista peruviana che vive a Berlino che sarà anche nome di punta al Club to Club di Torino».
Ecco parliamo un po’ dei nomi che avete annunciato finora?
«Certo, c’è uno dei capostipite della proposta indie cantautorale italiana come Fulminacci, che non ha bisogno di presentazioni ed è un grande ritorno a Poplar. Poi salirà, anche lei di nuovo, sul palco del Doss Trento una delle grandi promesse della scena rap come Ele A. E poi arrivano i Viagra Boys che assieme agli Idles sono il gruppo più riconoscibile della scena post punk inglese e sono davvero una delle grandi sorprese di quest’anno, per capirci: faranno solo due date in Italia, Roma e poi Poplar. Arrivano anche i Mount Kimbie, producer inglesi nati come progetto elettronico post dubstep, ma che si sta ancora evolvendo: nel loro ultimo disco è preponderante una nuova anima indie-alternative rock. Produttori che hanno lavorato con alcuni degli artisti più importanti della scena (James Blake, King Krule, The xx, Foals, Jay Z…). Sono tutti nomi che hanno, per gli appassionati di festival e di musica, un grande interesse. Ci aspettiamo di attrarre tanto nuovo pubblico e soprattutto crescere con il pubblico dall’estero».
Si nota un’evoluzione nella proposta, otto anni fa siete partiti dall’indie.
«Si certo nel 2017/18 proponevamo il meglio della nuova scena indie-pop italiana. Oggi molti di quegli artisti, allora poco conosciuti, fanno numeri pazzeschi che noi non vogliamo inseguire. Non è quella la scala che ci interessa, quella dei grandi numeri dove le persone vanno perché seguono l’artista e non sono interessate al festival che lo propone. Può sembrare paradossale, ma a noi, invece, piace che le persone vengano al nostro festival quasi a prescindere dagli artisti, perché si fidano della nostra proposta».
E questi sono solo i primi nomi?
«Diciamo che questo è stato l’antipasto di un servizio in quattro portate. Abbiamo pensato a quattro annunci. Il prossimo sarà a fine aprile quando sveleremo altri otto nomi, ma senza ancora dire le date. Un po’ più avanti presenteremo un’altra decina di artisti e il programma giorno per giorno. Infine ad estate inoltrata ci sarà l’ultimo annuncio con la line up completa dei quattro giorni».
Facendo il conto sono circa 35-40 artisti, molti di più delle precedenti edizioni.
«Sì saranno circa il 50% in più, è una delle grandi novità di quest’anno: a Poplar avremo due palchi invece che solo uno. Non ci sarà quindi solo il main stage, ma due palchi su cui si alterneranno gli artisti per una proposta ancora più ampia. È una cosa molto comune avere più palchi con una programmazione parallela nei festival europei, ma in Italia è quasi inedito, figuriamoci in Trentino! Quindi è davvero anche questo un grande balzo, sia culturale, ma anche nella programmazione. Per noi è una grande sfida, siamo sempre un festival fondato sul volontariato. Giochiamo nel campionato dei grandi ma lo facciamo con uno spirito genuino di passione e divertimento».
Doppio palco, aumenta anche la capienza?
«No, resteremo sui 3.500 posti a serata previsti già l’anno scorso. L’idea è rimanere su quella scala lì per tanti motivi, mantenendo la vivibilità degli spazi sul Doss Trento, fidelizzando ulteriormente il nostro pubblico e puntando sulla qualità, piuttosto che sulla quantità».
Parlava di più novità, qual è l’altra?
«Stiamo lavorando per un grosso evento a Rovereto per i primi di giugno. Come dicevo vogliamo ampliare la nostra proposta durante l’anno e Rovereto è una città molto bella con spazi davvero interessanti e unici da valorizzare».
Tornando alla proposta, chi altro arriverà?
«Nomi non ne faccio, dovrete aspettare (ride, ndr). Possiamo dire che ci saranno sonorità interessanti, arriveremo a toccare la cumbia, la musica afro e psichedelica. Ci sarà l’elettronica dura e pura, con un artista importante della scena. Poi siamo andati a pescare artisti davvero interessanti nella scena internazionale. Lascio un indizio: arriverà uno delle colonne portanti del genere cloud, che ha collaborato con Travis Scott nel suo ultimo album».
State bene al Doss Trento, Poplar potrebbe animare la Trentino Music Arena a San Vincenzo?
«Noi al Doss Trento stiamo bene e mi sento di dire che Poplar resterà in quella dimensione… non ci interessa evolverci aumentando i numeri del pubblico, ma piuttosto diversificare l’offerta in vari momenti durante l’anno. Perché per noi è fondamentale rimanere a misura di persona, costruire eventi dove oltre alla musica ci sia la dimensione dell’incontro e dello stare assieme. Se parliamo di altri spazi voglio dire innanzitutto che ci preoccupa la scomparsa di spazi culturali a Trento, non solo per la musica, penso per esempio ai cinema con la vicenda dell’Astra e ora del Roma. Esistono però alcuni spazi che sono interessanti in prospettiva: penso all’ex-Italcementi, ma anche all’ex-Atesina e nel medio periodo negli spazi ex-ferrovia, dove la cultura potrebbe trovare nuovi spazi vitali in città.
Otto anni di un festival basato sul volontariato, come ce l’avete fatta?
«Il segreto è che fin dal primo anno abbiamo preso con grande serietà e professionalità quello che facevamo – anche se da outsider e su scala piccola inizialmente – e poi che ci divertiamo sempre molto. Abbiamo sempre dato il massimo e questo ce lo ha riconosciuto tanto il pubblico, quanto gli artisti: c’è un’alchimia speciale che si respira in quei giorni sul Doss Trento, che lascia trasparire tutta la genuinità dei volontari/e che danno il massimo per il festival. Da un lato, il gruppo storico è rimasto anche se ognuno ha costruito la sua vita lavorativa, ognuno nel suo settore. E grazie a questo ognuno ha acquisito nuove competenze che ora riversiamo nel nostro progetto, che vogliamo portare avanti anno dopo anno. Dall’altro, la stessa urgenza di cultura, incontro e unione che sentivamo noi nel 2017 e che ci ha spinto a dare vita al progetto, la sentono tantissimi nuovi ragazzi e ragazze che studiano e vivono oggi Trento. Questo fa sì che il gruppo conservi uno zoccolo duro, ma che al tempo stesso si innovi, si evolva e cresca anno dopo anno. Il motivo per cui siamo qua è il sentimento di appartenenza che ci spinge unito alle competenze e alle idee chiare su quello che vogliamo fare.