Processo Perfido
lunedì 14 Novembre, 2022
di Francesca Dalrì
Le Asuc della Val di Cembra sono in fibrillazione. La Giunta provinciale sta pensando di spostare la competenza sulla gestione delle cave dai Comuni alle «amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico» (le Asuc, appunto). Enti di diritto privato con il compito di amministrare, tutelare e valorizzare i beni di uso civico e le proprietà collettive come i boschi, i prati e i pascoli. O le cave nel caso della Val di Cembra, patria del cosiddetto oro rosso: il porfido. Amministrare le cave significherebbe occuparsi delle concessioni date ai privati per estrarre il porfido. Concessioni che a Lona-Lases, il Comune finito al centro del processo Perfido contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore, sono tutte scadute o in scadenza. A quel punto si andrà all’asta con un unico macrolotto da quasi 150mila metri quadrati di superficie e una durata di 52 anni. «Nella nostra Asuc lavorano due dipendenti, di cui una a part-time: non abbiamo la struttura per gestire questa competenza», commenta Massimo Sighel, presidente dell’Asuc di Miola (frazione del Comune di Baselga di Piné), nonché membro del Coordinamento lavoro porfido (Clp). «Venerdì abbiamo fatto una riunione con tutte le Asuc e siamo in molti a non essere d’accordo», assicura.
Per le Asuc la modifica voluta dalla Giunta provinciale comporterebbe un aggravio di costi e lavoro. Ma anche di controlli, in un settore estremamente delicato: «Le Asuc sono ancora più corruttibili dei Comuni», afferma senza remore Sighel. Non è l’unico a pensarla così. «I controlli sono complicatissimi, per gestire le cave ci vorrebbe un ufficio amministrativo ad hoc», sostiene il segretario comunale di Lona Lases Marco Galvagni, da anni in prima linea nel denunciare le situazioni di illegalità nel settore. «Altro che Asuc o Comuni: le cave dovrebbero essere gestite dalla Provincia – sostiene Galvagni –. Avrebbero tutto il personale necessario e le competenze per controllare un settore che la legge nazionale anticorruzione individua come vulnerabile». Figuriamoci dopo quanto emerso nell’indagine Perfido. E allora perché lasciare la competenza ai Comuni o alle Asuc? «In gioco ci sono troppi interessi economici. Si tratta di un bacino di voti importante: le cave devono rimanere un’enclave».
La decisione della Giunta non sorprende Stefano Dragone, già procuratore della Repubblica del tribunale di Trento. Dragone è stato a capo del «gruppo sicurezza» che aveva il compito di indagare sulle infiltrazioni della criminalità mafiosa in Trentino. «Negli anni ci siamo occupati di vari settori come gli appalti e la gestione degli alberghi», spiega. Poi il gruppo ha deciso di prendere in mano il tema cave e nel novembre 2021 la Giunta l’ha soppresso. «Avevamo sentito funzionari che si lamentavano di estrazioni occulte da parte di camion non controllati, o di canoni troppo bassi. Ma non abbiamo potuto accertare alcuna irregolarità perché siamo stati fermati prima». Come se lo spiega? «Ritengo che la Giunta Fugatti non fosse contenta delle nostre indagini – risponde –. La chiusura del gruppo è un chiaro messaggio: i propri affari la Provincia se li cura da sola».