Il viaggio
venerdì 13 Ottobre, 2023
di Johnny Gretter
Non è un mistero: le zone di Santa Maria e di Piazza della Portela sono famigerate per la presenza di spaccio e microcriminalità, tanto da essere soggette a ordinanze che vietano il consumo di alcool in strada. Non è nemmeno un mistero che la stessa situazione sia uguale in altre zone centrali di Trento. Abbiamo fatto un giro in alcune di queste, scoprendo che le attività illecite arrivano a influenzare la quotidianità di chi tutti i giorni le frequenta. Piazza della Portela è un’area in cui lo spaccio avviene costantemente, alla luce del sole: «Questa è la normalità: si spaccia in pieno giorno senza nemmeno provare a nascondersi», racconta Massimo Sonn, titolare della piadineria “L’angolo tondo”. «Quando ho aperto, una ventina di anni fa, si poteva intuire che nel quartiere si svolgevano attività di questo tipo. Ma ora è tutto allo scoperto, le persone si scambiano droga come se dovessero scambiarsi una sigaretta». Sonn assiste spesso a questi episodi, che a volte si svolgono proprio di fronte al suo negozio. «Quando vedo che qualcuno sta spacciando non lo faccio avvicinare al negozio», continua. «È comunque difficile vedere qualcuno che faccia uso di droghe pesanti. Invece, vediamo molte risse, dovute anche all’alcool. Negli ultimi vent’anni la situazione è peggiorata, con un danno enorme per i negozianti. Disturba molto il fatto che questi gruppi di spacciatori tendano a fare commenti molesti sulle ragazze: in generale, quando arriva il buio ci si sente poco sicuri». A poche centinaia di metri di distanza, Piazza Dante: mercoledì pomeriggio è diversa dal solito, affollata per il Festival dello Sport. Tra un allenamento di Jury Chechi e l’attività frenetica dei camerieri del Liber Café non sembra esserci molto spazio per la droga. Ma basta attraversare la strada per arrivare in un luogo al riparo da occhi indiscreti. Se la Portela è il luogo di acquisto, la Badia di San Lorenzo, accanto alla stazione, è dove la droga viene consumata. Tra i cespugli che circondano la chiesa affiorano siringhe usate; alcuni turisti, col cappello rosa e la Gazzetta dello Sport sottobraccio, curiosano in giro, ma tornano presto indietro. Invece, dal lato sinistro della chiesa, un gruppo di tre persone si avvia verso il marciapiede. Uno di loro dice agli altri, ad alta voce: «No, io l’ago nuovo non ce l’ho». Allontanandosi dalla stazione, verso sud, si arriva al quartiere delle Albere. Quello che doveva essere un enorme e ambizioso progetto di riqualificazione urbana, è finito per diventare un quartiere semivuoto, percepito dagli esercenti come poco sicuro. «Quando faccio chiusura mi chiudo dentro a chiave», racconta una dipendente del ristorante Old Wild West. «Da sei o sette mesi mi sembra che la situazione sia peggiorata: la notte trovo spesso ragazzi che mi chiedono sigarette e mi insultano al mio rifiuto. È gente chiaramente alterata, in astinenza, ubriaca oppure fatta. La polizia pattuglia la zona, ma nei boschetti del parco le persone possono fare quello vogliono». Sono frequenti anche episodi di microcriminalità, come furti che avvengono persino di giorno e dentro i negozi. «Sono arrivati anche a rubare il marsupio che avevo lasciato in cucina, verso le quattro di pomeriggio», spiega un altro dipendente del ristorante. Lo stesso è successo alla commessa di un altro esercizio del quartiere, a cui hanno rubato il cellulare che aveva lasciato in cucina.
Invece, la situazione è ben diversa in una zona che negli ultimi anni è stata spesso additata come ritrovo di spacciatori. Il Parco della Predaia, oggi, si mostra al contrario in tutta la sua tranquillità. Anche se comincia a calare il sole, ci sono ragazzi chiacchierano tranquilli sulle panchine, mentre alcuni passanti portano i cani a fare una passeggiata. «Abbiamo vissuto un brutto periodo tra il 2021 e il 2022», racconta Serena Tomasi, titolare del bar La Bookique. «Il parco era finito in una situazione di abbandono a causa del lockdown: non c’erano eventi, e così si verificavano attività di spaccio che nessuno riusciva a controllare. Con la ripresa delle attività del nostro locale e grazie all’impegno del Comune e degli abitanti di San Martino la zona è tornata alla sua normale tranquillità. Da quello che vedo, il problema dello spaccio non è tanto legato a un luogo o a un altro: è un problema sociale e strutturale con cui le istituzioni devono fare i conti».