Il personaggio
giovedì 11 Aprile, 2024
di Massimo Furlani
Ottimizzare il processo di apprendimento dell’intelligenza artificiale perché l’applicazione di questa tecnologia possa risultare utile a più settori economici. È ciò su cui si concentra l’attività di Roberto Battiti, pioniere nel campo del machine learning e professore al dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’informazione dell’Università di Trento che lo scorso novembre, insieme all’ex ricercatore (oggi manager) Giampietro Tecchiolli, ha ricevuto il prestigioso Test of Time Award, un premio conferito dall’associazione internazionale Informs a scoperte e ricerche che restano valide nel tempo. Nello specifico, Battiti e Tecchiolli sono stati premiati per un articolo pubblicato nel 1994 dal titolo «The Reactive Tabu Search», che ha trovato centinaia di applicazioni in ambito gestionale e industriale. Lo stesso Battiti ha introdotto la ricerca nel settore dell’ospitalità turistica e alberghiera, come socio dell’azienda che gestisce la startup trentina Hotelincloud.
Professor Battiti, come è nata la ricerca per cui è stato premiato a novembre?
«È un lavoro nato negli anni Novanta, nel pieno di quello che è stato il filone della ricerca nel campo dell’apprendimento automatico o machine learning, cioè della realizzazione di sistemi la cui fase di addestramento per i diversi utilizzi non viene più fatta “a mano” dai progettisti ma in maniera completamente automatica attraverso i dati, da cui parte poi l’aggiustamento dei parametri interni».
Di cosa tratta esattamente il lavoro che avete svolto?
«La nostra ricerca, chiamata ricerca reattiva, ha a che fare in particolare con quello che è il “motore” dell’AI che sta al di sotto di quello che tutti vedono, cioè l’ottimizzazione. Addestrare i sistemi in modo automatico significa farli ragionare su un numero altissimo di possibilità, di fronte al quale anche i computer più potenti vanno in difficoltà. Ciò di cui trattavamo nella nostra ricerca era quindi l’ottimizzazione di questa fase di addestramento, cioè portare i sistemi a imparare in modo intelligente e ricreare un processo di apprendimento e miglioramento più simile a quello di tipo umano, che non si basa sullo sperimentare qualsiasi possibilità a disposizione ma invece è caratterizzato da cambiamenti limitati che poi vengono man mano “misurati”. Ad esempio, un cuoco per ottenere il piatto migliore possibile non è che ci mette dentro qualsiasi cosa, ma piuttosto cerca il dosaggio migliore di ogni singolo ingrediente aggiustando la quantità utilizzata in base a quelli che sono i giudizi ricevuti».
Lei inoltre è socio dell’azienda che produce il software Hotelincloud, di cosa si occupa questa startup?
«Hotelincloud è un caso di applicazione della ricerca reattiva in un settore economico che è quello alberghiero, con l’intento quindi di aiutare chi vi opera ottimizzando il prodotto offerto. Il software sviluppato permette ad esempio di riempire adeguatamente l’albergo allocando l’ospite nella stanza che soddisfa le sue richieste, o di trovare il prezzo giusto da applicare ad ogni camere nei singoli periodi dell’anno partendo dai dati, cioè dal numero di arrivi nel periodo di interesse».
E quali sono i benefici che ne derivano?
«L’obiettivo è quello di far sì che la qualità del settore alberghiero migliori senza che questo comporti investimenti di risorse provenienti ad esempio da tagli degli stipendi o del personale. In più, è un software che punta anche a minimizzare l’impatto ecologico».
In che modo?
«Se ho un albergo di cento stanze e riesco a riempirle tutte, non servirà ad esempio costruire nuove strutture nella stessa zona. Inoltre, nel periodo invernale, il software aiuta anche a distribuire gli ospiti nei diversi piani per ridurre l’impiego del riscaldamento nelle aree rimaste vuote. Si torna sempre al concetto di ottimizzazione».
C’è un motivo per cui ha pensato di sperimentare queste soluzioni nel settore alberghiero rispetto ad altri?
«Abbiamo scelto di muoverci in questo settore per due motivi nello specifico. Il primo è legato al territorio in cui operiamo: ci troviamo in Trentino, regione italiana, quindi abbiamo molte carte da giocare e potenzialità da esplorare nell’ambito dell’ospitalità per offrire un prodotto sempre migliore. Il secondo invece riguarda la natura del settore, perché quello alberghiero è un campo in cui è molto facile sperimentare come piace a noi, il peggio che può capitare è che l’impresa che affianchiamo guadagni qualcosa in meno per un periodo di tempo. In altri settori invece sono in ballo rischi maggiori e quindi servono giustamente tempi più lunghi perché soluzioni di questo tipo vengano applicate. Penso ad esempio alla sanità».
Lei sul tema ha anche scritto il libro “L’hotel intelligente”, di cosa tratta?
«È un libro di tipo divulgativo, con l’obiettivo di spiegare nel modo più chiaro possibile dei concetti astratti o poco comuni. Quello alberghiero è un campo caratterizzato da un livello di innovazione abbastanza basso, in cui si fatica a “inventarsi” qualcosa anche perché spesso dietro ci sono imprese medio-piccole a gestione famigliare. In questo libro cerchiamo di dare alcune proposte e suggerimenti sul come migliorare la propria offerta attraverso i nuovi strumenti a disposizione senza scrivere equazioni o entrare in termini troppo tecnici. Si tratta di un libro che è stato molto apprezzato, diverse persone ci hanno ringraziato per averlo pubblicato».
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