Verso le elezioni

venerdì 6 Ottobre, 2023

Professioni tecniche, l’appello: «Puntare sulla riqualificazione»

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L'incontro oggi, alle 17, alla Sala Freire del Centro studi Erickson. La Rete delle professioni tecniche (Rpt) sottoporrà ai sette candidati presidente alle prossime elezioni provinciali del 22 ottobre. A moderare il confronto, il direttore de il T Quotidiano, Simone Casalini

Una spinta alla riqualificazione del patrimonio immobiliare, un nuovo programma di prevenzione del dissesto idrogeologico e una disciplina degli appalti che dia maggiore peso, non tanto all’offerta economica più vantaggiosa, quanto piuttosto alla qualità dei progetti. Queste sono alcune delle principali tematiche che oggi pomeriggio, alla Sala Freire del Centro studi Erickson (Trento), la Rete delle professioni tecniche (Rpt) sottoporrà ai sette candidati presidente alle prossime elezioni provinciali del 22 ottobre. Una rete che riunisce seimila iscritti ai sette Ordini e Collegi afferenti alle discipline tecniche: dagli architetti agli ingegneri, dai periti industriali ai geometri, dai periti agrari agli agronomi, fino ai geologi. Il confronto con i candidati — moderato dal direttore de il T Quotidiano, Simone Casalini — servirà per «affrontare le questioni che riguardano trasversalmente gli Ordini e i Collegi», spiega il geologo Giovanni Galatà, coordinatore della Rete.

Uno dei temi più sentiti è quello del consumo di suolo. Quale approccio proponete?
«Chiederemo ai candidati quale sia, secondo loro, un corretto rapporto tra lo sviluppo del territorio e il consumo di suolo, tenendo conto delle peculiarità ambientali della nostra provincia. Noi non vogliamo impedire la realizzazione di nuove costruzioni, ma bisognerebbe partire innanzitutto dalla riqualificazione del patrimonio esistente, senza andare a saturare ambiti di territorio pregiati dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Il recupero degli edifici esistenti è tra l’altro collegato ad un loro efficientamento energetico e adeguamento sismico».

Negli ultimi anni gli interventi di riqualificazione sono stati fortemente incentivati dal Superbonus 110%. Ora bisogna passare a misure provinciali?
«La Provincia è sempre stata attenta a questo tema, indipendentemente dalla iniziative statali. Nonostante il Superbonus, ci sono ancora molti edifici da adeguare. Chiederemo ai candidati se intendano proseguire in questa direzione e in che modo: incentivi a fondo perduto? O interventi di riduzione fiscale? Quel che è certo è che servirà un piano provinciale per l’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico degli edifici privati».

I limiti al consumo di suolo rimandano a una gestione oculata del territorio, sempre più importante alla luce dei cambiamenti climatici. Cosa proponete di fare per mitigare i rischi del dissesto idrogeologico?
«Bisogna dare atto che la Provincia si è sempre distinta nella prevenzione e negli interventi tempistici legati al dissesto idrogeologico. Ora, però, è venuto il momento di elaborare un nuovo programma di prevenzione, partendo dalle opere di difesa già realizzate sul territorio, delle quali non è mai stato fatto un database. Oggi non conosciamo la collocazione e lo “stato di salute” di queste opere. Ci sono molte zone che necessitano di interventi. Servirebbe un programma di monitoraggio delle opere esistenti e delle opere future per evitare gli effetti degli avvenimenti calamitosi, che tenderanno ad aumentare con i cambiamenti climatici. Non bisogna avere paura nel destinare soldi alla prevenzione e alla mitigazione dei rischi naturali perché il nostro territorio è fortemente esposto».

Una questione molto sentita dalle professioni tecniche è il nuovo Codice degli appalti. Quali sono le richieste?
«Il nuovo Codice introduce una grande novità in provincia di Trento perché sostituisce la vecchia legge 26 del 1993. Quello che chiediamo è che il nuovo Codice sia applicato al meglio perché ci sono margini di miglioramento».

Può fare un esempio?
«Una delle questioni centrali è quella di cambiare strategia affinché gli incarichi non siano più assegnati al massimo ribasso. Non è una questione di voler guadagnare di più. Ci sono una serie di esperienze che mostrano come i progetti incaricati sulla base del criterio del massimo ribasso abbiano comportato un costo maggiore dell’opera. Perché? Se il progetto viene redatto male, perché sottopagato, si vengono a creare problemi reali che si riflettono nella fase esecutiva della realizzazione. Le carenze progettuali si traducono in varianti in corso d’opera che fanno lievitare i costi».

Quale strategia bisognerebbe adottare?
«Bisogna dare maggiore peso all’aspetto legato alla qualità del progetto. Inoltre, se il compenso è adeguato, il professionista può avvalersi anche di collaboratori, un modo anche per aumentare la qualità del progetto. Oggi la corsa al massimo ribasso fa sì che i professionisti non possano avvalersi di dipendenti. Bisogna introdurre migliorie sia per i lavori sotto la soglia comunitaria (140mila euro) sia per i lavori sopra la soglia comunitaria».