Il dibattito

giovedì 2 Gennaio, 2025

Progetto inceneritore, ambientalisti contro la Provincia: «Inquina e porta tariffe sui rifiuti più salate»

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Zanotti (portavoce delle 18 associazioni):«Il costo sarà di 255 euro a tonnellata. Le maggiori spese saranno scaricate sulle spalle dei cittadini»

Potenziali danni alla salute dovuti all’incenerimento dei rifiuti vicino ai centri abitati, effettivo recupero energetico e aumento dei costi visto che sarà indispensabile prevedere una rete di teleriscaldamento, ridotta quantità di rifiuti da conferire e ricerca di un’alternativa, individuata del trattamento meccanico biologico già presente a Rovereto. Questi i «dubbi legittimi» sollevati da 18 associazioni ambientaliste in merito all’ipotesi dell’inceneritore in Trentino. Perplessità che vengono ampliamente argomentate nella lettera a firma di Pietro Zanotti in rappresentanza del tavolo delle 18 realtà che ne fanno parte, tra cui Wwf Trentino, Legambiente Trento, Lipu, Italia Nostra, Sal, Comitato Sviluppo Sostenibile, Slow Food Trentino. «Sulla scelta inceneritore il nostro tavolo di lavoro da circa tre anni si è posto mettendo sul tavolo dati concreti fino ad oggi non solo mai contestati ma alcuni confermati via via col passare del tempo — si legge nella missiva — Vogliamo richiamare alcuni punti essenziali alla base dei molti dubbi alla base della scelta della giunta. Chiedendo alla stessa di rispondere nel dettaglio, con dati e non con frasi fatte».
Danni alla salute
Le associazioni citano la relazione per la valutazione di impatto ambientale in merito al progetto di termovalorizzatore a Cavaglià, Biella: «Esistono effetti importanti sull’apparato cardiovascolare e respiratorio nelle persone esposte alle emissioni degli impianti di incenerimento, anche di ultima generazione, i cui valori di ricaduta sono sovrapponibili a quelli utilizzati in studi epidemiologici che hanno riscontrato rischi importanti nelle persone esposte», recita la lettera. «Si tratta di percentuali di aumento di patologie a due cifre, quindi decisamente significative — chiosano le associazioni trentine — Basterebbe da solo questo aspetto, i danni per la salute umana, a invitare tutti alla prudenza evitando fughe in avanti del tutto pericolose».
Recupero energetico e costi
Il tavolo di lavoro che raggruppa le 18 associazioni evidenzia poi come la realizzazione di un impianto di incenerimento «dovrà prevedere la cogenerazione di energia elettrica e termica. Siamo quindi in un contesto nel quale sarà indispensabile prevedere una rete di teleriscaldamento dato che la sola produzione di energia elettrica ha efficienza sotto il 30%», sostengono. Ed è «proprio attraverso il recupero energetico che avviene in parte la mitigazione degli impatti sulla qualità dell’aria dovuta all’incenerimento. Inoltre è attraverso la vendita di energia termica ed elettrica che avviene una parziale copertura dei costi di gestione, si legge nella lettera in cui si cita anche la situazione economica esposta nei bilanci dell’inceneritore di Bolzano. «Negli anni 2019 e 2020 la vendita di energia elettrica e termica, in ciascun anno, ha coperto a malapena il 30% delle voci di: personale, materie prime, energia, manutenzioni, smaltimento residuo (ceneri), spese generali e varie (circa 11 milioni)». Di qui il ragionamento: «Nella situazione trentina le criticità legate al recupero energetico si profilano di particolare difficoltà. Dal punto di vista del recupero termico servirebbero migliaia di utenze per assorbire adeguatamente l’energia prodotta dall’impianto. Possiamo immaginare le difficoltà a “convincere” migliaia di utenze ad allacciarsi rinunciando alla propria caldaia a condensazione, molto più efficiente, o a quanto fatto in ambito rinnovabili con pannelli fotovoltaici e pompe di calore. Oltre alle problematicità nella stesura della rete: costi, logistica, cantieristica». I dubbi quindi «sono più che fondati, si rischierebbe di avere un impianto che dovrebbe recuperare tutti i costi attraverso la tariffa di smaltimento rifiuti, quindi sui cittadini». In particolare «le stime già effettuate da Appa prevedono un costo che potrà raggiungere i 255 euro a tonnellata per lo smaltimento tramite inceneritore».
Mancano i quantitativi
Altro aspetto criticato la ridotta quantità di rifiuti da conferire all’inceneritore. «La percentuale di raccolta differenziata ha raggiunto l’82,8%». Per le associazioni guardando questi dati anche solo dal punto di vista economico «si comprende come la strategia migliore sia investire in politiche di riduzione, riuso e riciclo».
Esiste una terza via?
Per le 18 associazioni ambientaliste un’alternativa c’è ed è il «Trattamento meccanico biologico già presente a Rovereto ed autorizzato per trattare 57.000 tonnellate all’anno. Abbiamo più volte descritto l’importanza di questo trattamento a “freddo” ed i vantaggi ad esso associati. In questa direzione devono essere rivolti gli sforzi più importanti indirizzati all’ammodernamento dell’impianto ed al suo completo funzionamento. Questa tipologia di impiantistica consente di ridurre la componente umida dei rifiuti, ridurre la fermentescibilità, recuperare ulteriori frazioni utili di materiali, ridurre in modo consistente i volumi. Inserendo questo passaggio i rifiuti da conferire in discarica raggiungerebbero una frazione non superiore al 6% del prodotto, ottemperando così, in anticipo sui tempi (2035), a quanto richiesto dalla direttiva europea».