la proposta
sabato 4 Novembre, 2023
di Redazione
Considero questa la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia». Lo dice due volte, la premier Giorgia Meloni, scandendo bene le parole. Il consiglio dei ministri ha appena approvato la riforma costituzionale per introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio e lei, che è quello in carica, confida che «sarà la volta buona» dopo anni di tentativi, bicamerali e referendum andati a vuoto, per «fare una rivoluzione». Il Cdm licenzia sostanzialmente la bozza annunciata alla vigilia e vistata dal vertice di maggioranza di lunedì: il premierato “all’italiana”, che non ha uguali tra le altre democrazie occidentali, prevede l’elezione diretta del premier, un premio di maggioranza del 55% alla coalizione a lui collegata e una norma “antiribaltone”, che è l’unica a subire una modifica nell’ultimo passaggio. Si tratta anzi di una “stretta” – che la stessa Meloni rivendica in conferenza stampa – perché nella nuova versione il premier eletto può cambiare una sola volta nel corso della legislatura e, qualora questi non ottenga la fiducia o cessi per altre ragioni, si andrà a nuove elezioni dopo lo scioglimento obbligatorio delle Camere da parte del presidente della Repubblica. Resta fermo che in caso di crisi di governo il capo dello Stato «può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia».
«Garantire ai cittadini il diritto di decidere da chi farsi governare, mettendo fine ai ribaltoni, al trasformismo e ai governi tecnici», è lo spirito della riforma annunciato da Meloni, che assicura: «Non vogliamo imporre una riforma ma trovare il più ampio consenso possibile»; tuttavia il premierato «è una priorità» e «abbiamo responsabilità di cogliere questa occasione». Tradotto: «Confido in un consenso ampio in Parlamento», ma in alternativa «chiederemo agli italiani cosa pensano», spiega la presidente del Consiglio, che non intende legare il suo futuro politico al referendum costituzionale, come fece Matteo Renzi promettendo che si sarebbe dimesso («Che poi si è dimesso per modo di dire», ironizza la premier). Per quanto la riguarda, «ho fatto quello che è scritto nel nostro programma elettorale: faccio la riforma e la consegno agli italiani, ma questo nulla ha a che fare con l’andamento del governo».
Entrando nel merito delle norme, la presidente del Consiglio sostiene che «abbiamo deciso di non toccare le competenze del Presidente della Repubblica» e rivela che «chiaramente c’è stata un’interlocuzione con gli uffici» del Capo dello Stato. La riforma comporterà anche una nuova legge elettorale, ma Meloni la rinvia al Parlamento: «Il tema per ora è aperto». Dure le critiche dell’opposizione. «È una riforma pasticciata e pericolosa perché indebolisce nuovamente il Parlamento, è una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare», attacca la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre il leader di Azione Carlo Calenda la ribattezza «l’Italierato. Non è un cancellierato (che avremmo approvato), non è un Premierato, non è Presidenzialismo o semi-presidenzialismo. È una nostra invenzione mai fino ad ora sperimentata nel mondo».