cronaca
sabato 2 Marzo, 2024
di Benedetta Centin
La manifestazione anticarceraria, non preavvisata, fatta in tempi di Covid, a novembre 2020, davanti al penitenziario di Spini di Gardolo, «istigando i detenuti» a fare danni e innescare incendi, ma anche la riunione fatta il giorno dopo, interloquendo ancora con i detenuti attraverso le casse acustiche. E «il blocco stradale» realizzato con un cassonetto dato alle fiamme, fermando anche un’ambulanza. Questi i fatti contestati che hanno portato davanti al gup 26 persone vicine agli ambienti anarchici. Rispondono a vario titolo di diversi reati: un capo di imputazione che il pm Davide Ognibene ha anche modificato, con ulteriori contestazioni. Che prevedono anche pene da 2 a 12 anni di carcere. Le accuse, per i fatti avvenuti il 13 e 14 novembre 2020, vanno dall’istigazione a delinquere in concorso alla radunata sediziosa, dalla manifestazione non preavvisata e quindi non autorizzata alla resistenza a pubblico ufficiale, dal blocco stradale all’imbrattamento. Sono 26 le persone per le quali la Procura ha chiesto il processo e finite davanti al gup Gianmarco Giua. I loro legali, gli avvocati Andrea de Bertolini, Chiara Graffer e Matteo Livio, hanno chiesto per loro il processo con rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
Stando alle contestazioni gli imputati il 13 novembre 2020 si erano dati appuntamento all’esterno del carcere di Spini di Gardolo, urlando slogan anti carcerari, srotolando striscioni e scrivendo frasi con lo spray, accendendo dei petardi, diffondendo le loro voci di protesta attraverso una cassa acustica, a un volume così alto da farsi sentire dai detenuti, con i quali avevano instaurato una sorta di dialogo. Uditi i cori «fuoco, fuoco alle galere» e «i servi dello Stato si chiudono col fuoco, coi secondini dentro», alcuni dei detenuti hanno appiccato le fiamme a un lenzuolo, lanciandolo, mentre ancora bruciava, dalla finestra di una delle celle. Sempre quel giorno due di loro, Nascimben e Battisti, assieme ad altri non identificati, per l’accusa si erano travisati e avevano ribaltato in via Veneto un cassonetto dei rifiuti preso dal retro di un supermercato, dando fuoco al contenuto, costringendo due auto e un’ambulanza a fermarsi.
Il giorno dopo, il 14, il gruppo era tornato all’esterno del carcere per continuare a protestare e interloquire con i detenuti, istigandoli di nuovo, almeno è l’accusa. Lanciando petardi e accendendo fuochi d’artificio. E allora avrebbero usato anche dei puntatori laser contro gli agenti della Digos che li stavano filmando.