L'indagine
lunedì 28 Ottobre, 2024
di Redazione
Contraffazione di opere d’arte, riciclaggio derivante dal tentativo di nascondere la provenienza delittuosa del bene e autoriciclaggio. Sono le ipotesi di reato contestate al critico d’arte e presidente del Mart Vittorio Sgarbi, legate al caso del dipinto del Seicento senese, di Rutilio Manetti. Contestazioni che la Procura di Macerata ha messo nero su bianco nell’avviso di chiusura indagini che gli ha fatto recapitare. Di qui a stretto giro i pm (competenti in quanto Sgarbi dichiara il domicilio a San Severino Marche di cui fu sindaco) potrebbero formalizzare anche richiesta di rinvio a giudizio per l’ex sottosegretario. E se Sgarbi dovesse finire a processo quelle accuse, se considerate fondate, potrebbero costargli una condanna da quattro a dodici anni di reclusione.
Al centro della vicenda la tela di grandi dimensioni, «La Cattura di San Pietro», secondo l’accusa rubata nel castello di Buriasco, Torino, nel febbraio 2013, e riapparsa nel 2021 (in riproduzione 3D) – come inedito di Manetti e di proprietà di Sgarbi – a Lucca, nella mostra «I pittori della luce», da lui curata. Le indagini del Reparto operativo dei carabinieri Tutela patrimonio culturale erano scattate a seguito delle dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale, che hanno determinato l’apertura di un nuovo versante d’indagine riguardante appunto l’opera «La cattura di San Pietro», attribuita al pittore senese Rutilio Manetti, ricevuta e restaurata dal libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico del presidente del Mart.
Secondo gli inquirenti Sgarbi avrebbe «commissionato direttamente» al pittore Pasquale Frongia (cui è stata dedicata una mostra al Mart di Rovereto nel 2021) un’operazione di «maquillage» sul dipinto «La cattura di San Pietro». A quanto pare al dipinto sarebbe stata aggiunta una torcia nella parte in alto a sinistra della tela, circostanza confermata da Frongia che nel corso di un interrogatorio avrebbe appunto ammesso di aver realizzato sul dipinto la torcia su incarico di Sgarbi. Ieri (domenica 27), Report ha mandato in onda l’inchiesta mostrando come, a telecamere nascoste, Frongia ammetta di aver modificato il dipinto.
I risultati degli accertamenti tecnico-scientifici sul quadro, si legge in una nota della Procura di Macerata, «hanno evidenziato che il dipinto coincide, per materiali, tecnica esecutiva e morfologia del degrado, con i frammenti consegnati dal denunciante del furto. Lo stesso consulente tecnico ha riscontrato inoltre la correlazione dello schema di assemblaggio delle pezze di tela su cui è stato realizzato il dipinto con i frammenti presenti sulla cornice, la perfetta sovrapponibilità dei bordi della tela con quelli ancora presenti sul telaio, ed anche la corrispondenza del frammento staccatosi all’atto del furto nel castello di Buriasco con il disegno del dipinto».
Sgarbi, di suo, continua a insistere sulla sua correttezza e innocenza: «I miei difensori, avvocati Alfonso Furgiuele e Giampaolo Cicconi, sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti oggetto delle contestazioni, che ritengo comunque infondate — le sue parole— Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte. Ho quindi piena fiducia nei giudici che dovranno valutare il risultato delle indagini. Respingo infine le parziali e fuorvianti ricostruzioni di certa stampa alla quale non interessa la verità dei fatti ma accreditare come vere le ipotesi dell’accusa».
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