L'inchiesta
domenica 25 Dicembre, 2022
di Tommaso Di Giannantonio
I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri. Detto in estrema sintesi, questo ci raccontano le dichiarazioni fiscali degli ultimi anni. Complessivamente i redditi dei trentini sono aumentati: nel 2016 ammontavano a 8,6 miliardi, mentre nel 2020 — ultimo anno disponibile — sono arrivati a quota 9,1 miliardi. Significa che tutti i trentini si sono arricchiti? Non proprio. Se prendiamo il valore del reddito pro capite (cioè per ogni singolo abitante) potrebbe sembrare così: visto che siamo passati da 20.768 a 21.486 euro per cittadino. Ma come si è distribuito questo «surplus» di ricchezza? È andato a finire principalmente nelle mani delle classi più benestanti, da quelle medio alte a quelle super ricche. Invece il ceto medio — ossia la popolazione con un reddito tra i 15 e i 26 mila euro annui — non ha cambiato profilo, è rimasto pressoché identico: sia in termini numerici sia in termini di redditi. E questo, in parte, è dovuto sicuramente al Covid.
I ricchi sempre più agiati
In Trentino un quinto dei redditi è detenuto dal 5,5 per cento della popolazione, cioè da 23.639 persone. Che dichiarano 2 miliardi all’anno: 1.982.540.082 per la precisione. Quasi il doppio dei redditi dichiarati dalla fascia più bassa (e più numerosa) dei contribuenti: 165.907 trentini (il 39 per cento) che tutti assieme portano a casa 1,1 miliardi. Quel 5,5 per cento di trentini, in particolare, dichiara oltre 50 mila euro l’anno: una fascia di reddito che dal 2016 al 2020 ha visto aumentare, non solo la platea, passata da 21.505 a 23.639 contribuenti (+2.134), ma anche il reddito pro capite interno alla coorte, da 83.229 a 83.867 euro annui (+638 euro, +0,77 per cento). Il totale è aumentato di circa 200 milioni.
Crescita della classe medio alta
La crescita più sostenuta porta la targa dalla classe medio alta, compresa tra i 26 e i 50 mila euro annui. Nel 2016 racchiudeva 90.589 contribuenti (il 21,7 per cento del totale), nel 2020 ne inglobava 100.638 (il 23,7 per cento). Servirebbe un’analisi più approfondita per capire l’esatta dinamica, ma sembra aver raccolto al suo interno i nuovi contribuenti registrati tra il 2016 e il 2020, passati appunto da 416.042 a 424.451. E nel complesso si è assistito ad un allargamento della fetta di torta appartenente a questa classe, che prima esprimeva il 34,2 per cento dei redditi totali (2,9 miliardi) e poi il 36 per cento (3,2 miliardi). A livello di reddito pro capite, però, c’è stato un calo di 124 euro (-0,38 per cento).
Il ceto medio quasi immobile
Quasi immutato il ceto medio, formato da 134.739 contribuenti nel 2016 (il 32,3 per cento) e da 134.267 contribuenti nel 2020 (il 31,6 per cento). Nel frattempo la sua quota dei redditi totale è scesa dal 31,6 (2,732 miliardi) al 29,9 per cento (2,727 miliardi). In leggero rialzo il reddito pro capite interno alla coorte: da 20.277 a 20.311 euro (+0,1 per cento). Un ceto medio immobile.
L’impatto della pandemia
I primi effetti della pandemia si sono fatti vedere subito nella fascia di popolazione più povera. I contribuenti sotto i 15 mila euro risultavano in calo fino al 2019: erano 169.209 (il 40,6 per cento) nel 2016 ed erano scesi a 164.953 nel 2019 (il 38,4 per cento). Ma nel 2020 hanno visto un incremento, passando a 165.907 persone (il 39 per cento): il loro reddito pro capite, rispetto al 2016, è sceso dello 0,6 per cento. Va detto che il Covid — a fronte di un calo di circa 4.500 contribuenti — ha comportato una contrazione anche nelle fasce più benestanti: quindi tutti sono un po’ scesi. Ma quello che in qualche modo sorprende è l’aumento della concentrazione di ricchezza tra il 2019 e il 2020 nella classe sopra i 50 mila euro: al suo interno il reddito pro capite è aumentato di 2.102 euro.
Una simile disparità salariale si riscontra tra i territori: il Trentino è quintultimo in termini di distribuzione territoriale (si veda sotto).