L'editoriale

sabato 26 Ottobre, 2024

Referendum sull’orso in Val di Sole, ecco quali sono gli scenari post voto

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I promotori puntano a superare la soglia di 8.400 votanti, quelli che si recarono alle urne per le provinciali del 2023. Il successo nelle urne rischia di diventare un problema per la giunta provinciale

Nella storia del Trentino e dei suoi orsi, la giornata di domenica 27 ottobre, rischia di essere storica, e non solo per la gestione del grande carnivoro, ma per la tenuta del rapporto tra la politica provinciale e le comunità che compongono la provincia. Gli abitanti della Val di Sole sono infatti stati chiamati alle urne per un referendum consultivo il cui quesito si può riassumere in «lei pensa che l’orso sia un pericolo e un problema per il nostro territorio». Se il risultato di questo referendum certificasse con numeri importanti l’insofferenza nella valle verso il plantigrado, questo sarebbe un successo per i promotori, ma al contempo metterebbe la Provincia in una situazione difficile, trovandosi a dover rispondere a un mandato popolare senza gli strumenti per soddisfarlo.
Il referendum in Val di Sole arriva alle urne sull’onda dell’entusiasmo, dal punto di vista dei promotori, che nei mesi scorsi in pochi appuntamenti sul territorio sono riusciti a raccogliere migliaia di firme. La sfida per loro ora non è tanto la vittoria del «Sì», che pare scontata, ma l’affluenza.
L’obiettivo dichiarato è quello di superare la soglia degli 8.400 voti, ossia il totale dei residenti della Val di Sole che si sono recati alle urne per le elezioni provinciali del 2023
. Sarebbe un messaggio forte, quello di una valle sfiduciata dalla politica, ma che risponde invece presente e si mobilita per un’azione partecipata e costruita dal basso su un tema ovviamente molto sentito dalla comunità del posto. Se l’esito fosse quello auspicato dagli organizzatori l’effetto potrebbe essere deflagrante. Sì, perché referendum analoghi sono stati calendarizzati anche nelle altre valli che sono interessate dalla presenza dell’orso: Giudicarie, Valle di Non e Valle dei Laghi. Qualora il verdetto fosse unanime in tutti i territori si certificherebbe l’insofferenza pressocché generalizzata nel Trentino occidentale per il grande carnivoro. Un messaggio chiaro alla politica, un problema per la giunta provinciale. Il referendum consultivo ovviamente non ha potere vincolante, si tratta solo di una forte indicazione data ai decisori politici. È chiaro però che una vittoria netta genererebbe aspettative. Azioni che però al momento non sembrano possibili. La giurisdizione italiana ed europea in materia di orso è chiara e anche gli ultimi fatti di cronaca, come ad esempio quelli relativi a Kj1, hanno mostrato quelli che sono i limiti dell’azione provinciale, che si è vista per due volte bloccata dal Tar l’ordinanza di abbattimento, con le stesse motivazioni dei casi precedenti e che a questo punto vanno considerate ineccepibili. Le rimozioni rimangono quindi un caso particolare, legato alla pericolosità dell’animale e chi pensava che la novità inserita da Fugatti nella legge Rossi, ossia l’abbattimento massimo di 8 orsi l’anno, avrebbe spalancato le porte a un controllo dei numeri sarà rimasto deluso. Sia chiaro: il numero di orsi trentini viene calcolato sul totale della superficie italiana, per questo l’animale rimane specie a rischio e quindi i numeri nel quadro giuridico attuale non possono essere «controllati». Oltre a questo manca anche un piano di gestione che preveda questa fattispecie. Il discorso della Slovenia è assai diverso, sia perché ci sono molti più orsi, sia perché lì il piano di gestione prevede il controllo dei numeri. Non ha fatto nemmeno un buon servizio chi, un anno fa, andava dicendo «ci sono 70 orsi di troppo, dobbiamo spostarli». Le interlocuzioni avute con altre regioni e Paesi in questi mesi hanno resa chiara una cosa: il Trentino è solo, nessuno è disposto a farsi carico dei suoi orsi in numeri importanti. È poi falso, da un punto di vista scientifico, che ci siano troppi orsi in Trentino. È vero invece che ce ne possono essere troppi per l’accettazione sociale, per la capacità di costruire con la specie una convivenza funzionale. Però da questa parola bisogna ripartire forse, per quanto oggi sia difficile: convivenza. Se non altro perché dovrebbe essere chiaro ormai che le altre strade, rimozioni o trasferimenti in grandi numeri, non sono possibili. L’auspicio allora è che, se questi referendum, a cominciare dalla Val di Sole, certificheranno come nel Trentino occidentale la situazione sia ormai insostenibile, la politica si faccia carico di un mandato serio di aiuto alle comunità, costruendo una risposta di sicurezza e serenità che fondi il suo agire nella scienza, nella ricerca e nella gestione e non invece nella propaganda e nella campagna elettorale. La politica è ricerca del consenso, ma è anche gestione del bene pubblico. Da dove partire? Forse da quello che suggerì su queste pagine tempo fa lo zoologo Ciucci: la riscrittura del Pacobace. «La rivisitazione del Pacobace potrebbe essere lo spunto per prendere tutti i conflitti che ci sono, metterli intorno a un tavolo, e canalizzare gli sforzi verso un nuovo documento – diceva l’esperto – Frutto di un compromesso raggiunto concentrandosi sull’obiettivo comune».