Ledro Inselberg
mercoledì 4 Gennaio, 2023
di Pietro Zanotti *
La plastica, o meglio le materie plastiche (differenti molecole che si legano in catene che vengono chiamate polimeri, Pvc, Pet, film plastici ecc.), sono l’emblema della seconda rivoluzione industriale. Quella rivoluzione che ha dato una accelerazione alla messa sul mercato di nuove tecnologie, nuovi materiali, nuovi oggetti. La stessa che ha impresso una repentina accelerazione alle emissioni di gas ad effetto serra e che ha visto schizzare la CO2 in atmosfera, fino a superare i 400ppm (parti per milione). Oggi le troviamo ovunque, in casa, nelle scuole, nei parchi, nei fiumi, nei mari e nell’acqua che beviamo. È diventato uno dei problemi più impellenti ai quali dare rapidamente una risposta. Dobbiamo ridurne sia la produzione e quindi l’uso, sia la dispersione nell’ambiente in forma di rifiuti. Come possiamo fare?
Evitare prodotti monouso
Per prima cosa va sottolineato che la soluzione prevede che tutti gli attori, ente pubblico, cittadini, industria concorrano collegialmente alla riduzione del problema. In questo vale quanto la direttiva sull’economia circolare ci suggerisce di fare: ridurre, riciclare, riusare, riparare. Queste quattro «erre» dovrebbero essere il nostro costante obiettivo. Quindi nel concreto facciamo qualche esempio sulle buone pratiche per il cittadino: evitiamo di acquistare acqua in bottiglie di plastica, acquistiamo prodotti sfusi, non utilizziamo prodotti mono uso, evitiamo le borse di plastica. In sostanza poniamoci sempre la domanda: «Posso sostituire la plastica con vetro o legno o altro materiale facilmente biodegradabile?».
Meglio le busta in carta compostabile
A proposito di materiali biodegradabili è necessario fare una precisazione in merito alle buste di plastica. Spesso si confonde il termine biodegradabile con compostabile. Il primo è un materiale che si degrada in altre sostanze come acqua, anidride carbonica e altro, mentre il secondo diventa, dopo un opportuno trattamento, parte del compost. Chiaramente un altro fattore che ne determina la differenza sono i tempi di decomposizione e quanto residuo rimane in ambiente. Quindi, solo le buste con la scritta compostabile e la dicitura «UNI EN 13432» possono essere utilizzate per l’umido. Tuttavia è possibile ridurre anche questi sacchetti che, sia ben chiaro, non hanno un impatto zero sull’ambiente. Recenti studi hanno messo a confronto l’uso di buste in plastica compostabili e buste in carta compostabili. La differenza emersa è che con le seconde abbiamo sia una migliore degradabilità sia una più rapida cinetica di degradazione (tempi più brevi). Attualmente la quota di sacchetti di carta utilizzati per l’organico in Italia è solo dell’1%. Un passo importante da fare sarebbe quello di estendere l’utilizzo di sacchetti di carta compostabili per la raccolta dell’umido.
Utilizzare le vaschette per gli alimenti
Abuso ancora della vostra pazienza di lettori per un ulteriore suggerimento. La spesa al banco alimentare dei negozi o supermercati, per chi non ama l’uso delle plastiche, è più o meno equivalente ad una vera tortura. Ci si trova a ricevere un primo foglio che avvolge l’alimento solitamente un poliaccoppiato, un secondo sacchetto che raccoglie il tutto ed alla fine una bella (si fa per dire) etichetta adesiva. Come potremmo evitare questa ulteriore produzione di rifiuti, alcuni dei quali presentano problemi per il riciclo? Basterebbe estendere l’esperienza sviluppata con il progetto denominato «La spesa Sballata». Un’esperienza che con la collaborazione di Carrefour e Coop Lombardia, resa possibile a seguito dell’emanazione del decreto Clima (L141/2019) e la direttiva sulle plastiche monouso (EU 904/2019), ha introdotto l’uso di vaschette per alimenti proprie del consumatore che azzerano l’impiego di fogli poliaccoppiati. Naturalmente la stessa vaschetta vale per più volte.
La situazione in Trentino
Facciamo ora un breve cenno alla situazione trentina. I dati che seguono sono stati estrapolati dal Quinto aggiornamento del Piano provinciale dei rifiuti urbani e sono stati riportati sull’edizione de il T del 20 dicembre. Il Trentino raccoglie tramite la raccolta differenziata circa 4.000 tonnellate l’anno di plastiche. Il dato che balza all’occhio è la grande differenza nei quantitativi ad esempio di film plastici conferiti nel residuo secco tra bacini. L’Alto Garda e Ledro ne produce il doppio del bacino di Trento pur avendo la metà degli abitanti equivalenti. Di Pvc, Tesino ne produce 10 volte quanto ne produce Primiero pur avendo anche in questo caso la metà di abitanti equivalenti. Tenete conto che la Vallagarina non ne produce e questo dovrebbe essere l’obiettivo per tutti i bacini. Ricordo che dal 2021 è attiva la cosiddetta Plastic tax europea (decisione Consiglio UE 2020/2052/UE), un tributo da 0,8 euro per ogni chilogramma di plastica non riciclata. Altro problema è la quantità di residuo indifferenziato, stiamo sempre trattando di rifiuti urbani, che viene conferito all’impianto di Tmb (trattamento meccanico biologico) di Rovereto, il cui compito è attuare un ulteriore processo di recupero prima del conferimento in discarica. L’impianto è decisamente sottoutilizzato, tratta 17.000 tonnellate l’anno pur essendo autorizzato per 57.000 l’anno, il che vuol dire che anche le plastiche residue riutilizzabili se ne vanno in discarica. Come ultimo dato, rilevante è anche la quantità di plastiche non compostabili presenti nella frazione organica (Forsu). Sommando i vari tipi di plastiche, il dato è di circa 8% sul totale. Concludendo possiamo affermare che la sfida può essere vinta solo mettendoci tutti insieme per il successo delle quattro erre. In questo si stanno impegnando ben 12 associazioni trentine che collegialmente stanno lavorando per contribuire alla soluzione di questi urgenti problemi.
* Presidente di Ledro Inselberg Aps, aderente al Gruppo amici della natura e a NaturFreunde Internationale
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