La preoccupazione

mercoledì 10 Aprile, 2024

Rifiuti organici, il Trentino rischia di doverli smaltire all’estero

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La giunta provinciale costretta ad annullare il piano di gestione: in ballo 55mila tonnellate

Il Trentino rischia di perdere il mercato dei rifiuti organici. Oggi quasi tutti gli scarti (circa 55mila tonnellate) sono trattati negli impianti di digestione anaerobica di Cadino di Faedo (Bio energia Trentino) e Rovereto (Pasina srl) per la produzione di fertilizzanti, energia elettrica e biometano, destinato a 70 autobus che circolano tra le strade del capoluogo. Ma ora le carte in tavola sono cambiate. Il Consiglio di Stato ha bocciato la deliberazione di Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) in base alla quale la Provincia ha potuto selezionare i due impianti «minimi» per la chiusura del ciclo dei rifiuti organici. Nella scorsa seduta la giunta è stata quindi costretta ad annullare una sezione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti. Per il momento l’attività rimane immutata, ma avanza l’incognita dell’esportazione extra provinciale degli scarti.
Il Consiglio di Stato ha di fatto bocciato il sistema degli «impianti minimi» di Arera, che permette alle Regioni e Province autonome di individuare gli impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale attraverso una regolamentazione dei flussi e delle tariffe. La bocciatura è stata dettata da due ragioni: in primo luogo, Arera ha esercitato un potere che non le spetta, infatti il «potere di direttiva» spetta allo Stato; in secondo luogo, Arera, in maniera illegittima, ha permesso alle Regioni e alle Province autonome di limitare la libera concorrenza per far fronte alle criticità gestionali a livello territoriale. In sostanza è prerogativa dello Stato, e non di Arera, definire le regole per individuare «i siti più idonei per l’impiantistica di interesse sovraregionale».
Alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, la giunta provinciale ha annullato le previsioni contenute nel Piano di gestione dei rifiuti, in particolare quelle relative agli «impianti minimi» di chiusura del ciclo, già sospese lo scorso anno. Non sono attesi effetti immediati, ma il declassamento degli impianti minimi «può innescare export», spiegano dagli uffici della Provincia.
Arera dovrebbe reiterare la delibera cassata dal Consiglio di Stato in ottemperanza al principio di prossimità nella filiera di gestione dei rifiuti. Quindi «ad oggi — aggiungono da piazza Dante — non si ha controprova degli effetti della eliminazione degli impianti minimi». L’obiettivo della Provincia, non è tanto quello di salvaguardare lo status quo, ma piuttosto quello di difendere il principio europeo di prossimità, «che evita la circolazione e l’esportazione dei rifiuti».
Tra gli impianti minimi la Provincia ha individuato anche il futuro catino nord della discarica di Ischia Podetti (Trento), ma in questo caso, «essendo a gestione centralizzata provinciale, non si modifica alcunché», spiegano dagli uffici provinciali. Gli altri due impianti sono appunto quelli di Cadino, che copre circa l’80 per cento del fabbisogno del Trentino, e di Rovereto. In totale parliamo di 55mila tonnellate tra organico e ramaglie (rifiuti derivanti da giardini e verde). Nell’impianto di Cadino è prevista una prima fase di produzione di biogas, seguita da una fase di compostaggio con la produzione di fertilizzanti. Il biogas viene utilizzato in parte per la produzione di energia elettrica e termica all’interno di un cogeneratore elettrico da 1 megawattora e in parte per la purificazione e produzione di biometano.