Ambiente

venerdì 23 Agosto, 2024

Rifiuti, tassa «ad personam» grazie ai sensori nelle isole

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Roberto Bortolotti, general manager di AmAmbiente: «Così si premiano i più virtuosi»

«Il nostro obiettivo principale è quello di contribuire allo sviluppo di una comunità gentile che sappia utilizzare al meglio le risorse del nostro territorio». Alza l’asticella Tiziano Sartori, responsabile della comunicazione e del settore elettricità e tecnologie digitali di AmAmbiente, società di Pergine socia del distretto tecnologico trentino Habitech. «Inoltre, la nostra dimensione totalmente pubblica — aggiunge — ci permette di perseguire questo obiettivo ottemperando a finalità alte, senza doverci preoccupare esclusivamente degli interessi dell’azienda».
AmAmbiente è un’impresa operativa da inizio 2022, nata dalla fusione di Amnu e Stet., a totale capitale pubblico, con molti Comuni della Valsugana tra i propri azionisti principali. In particolare, l’azienda si occupa di gestione del ciclo idrico, dell’igiene ambientale, dell’illuminazione pubblica, delle energie rinnovabili e delle onoranze funebri, garantendo il continuo miglioramento dei processi e delle tecniche attraverso l’uso di tecnologie innovative applicate ai diversi contesti.

«L’elemento trasversale a tutta l’azienda è l’utilizzo di tecnologie con telecontrollo, che ci consentono di monitorare a distanza le nostre attività — racconta Roberto Bortolotti, general manager di AmAmbiente — Questo ci consente di muoverci meno e in modo più efficace, evitando spostamenti inutili e realizzando attività più specialistiche. Nel caso dell’igiene ambientale, tutte le informazioni che arrivano dai sensori ci hanno permesso ad esempio di efficientare il monitoraggio sul quantitativo di rifiuti gettato dalle persone, arrivando a prevedere una tassazione “ad personam”, che premia così i più virtuosi. Nel caso invece della gestione delle risorse idriche, abbiamo investito 5 milioni per i prossimi tre anni per sostituire tutti i contatori vecchi con altri più recenti, che permetteranno attraverso il telecontrollo di individuare in tempo reale le perdite, ma anche di ottimizzare l’utilizzo dell’acqua».
Attraverso le proprie attività di igiene ambientale l’azienda ha raggiunto nei territori in cui opera l’85% di raccolta differenziata.

«Massimizzare la capacità di differenziare i rifiuti tra le persone è stato un punto di partenza indispensabile per poter attivare altri processi nel solco della sostenibilità — gli fa eco Sartori — Contare su questo dato ci ha permesso infatti di attivare poi alcune politiche di comunicazione volte a sensibilizzare i cittadini in merito alla necessità di ridurre la produzione di rifiuti, soprattutto quelli indifferenziati. Sensibilizzare su un tema passa infatti dalla comprensione del perché si dovrebbe apportare una scelta piuttosto che un’altra».

Un ostacolo alla sostenibilità è rappresentato dalle molteplici e talvolta contraddittorie informazioni che arrivano ai cittadini, che spesso faticano a comprendere quali scelte siano realmente sostenibili. «Tutte le nozioni che tempestano i cittadini rendono il terreno su cui ci si muove potenzialmente scivoloso — spiega Bortolotti — Basti pensare al grande tema delle bioplastiche, certificate come compostabili, ma non realmente degradabili dalla maggior parte degli impianti per la trasformazione in compost del rifiuto organico, dal momento che il polietilene, che permette al sacchetto di conservare le sue funzioni meccaniche, è degradabile soltanto in determinate condizioni». Questo ha delle ricadute ampie sulle persone.

Per costruire consapevolezza alla base, AmAmbiente ha portato quindi la propria interpretazione di sostenibilità nelle scuole. «Stiamo costruendo dei percorsi che coinvolgano giovani e giovanissimi attraverso varie attività, perché siamo convinti che per avere un approccio sempre più attento al mondo dei rifiuti sia necessario lavorare con le generazioni future — afferma Sartori — Si tratta di attuare un vero e proprio cambiamento culturale, soprattutto su temi delicati e complessi come quello dell’usa e getta o delle bioplastiche».

Infine, non va dimenticato il potenziale del territorio Trentino, che può essere autonomo anche nelle scelte politiche legate alla produzione e scarto dei materiali. «Sappiamo che la Provincia di Trento dovrebbe dotarsi di un impianto che possa terminare il ciclo di vita dei materiali non differenziabili. Esistono progetti interessanti per lo sviluppo di impianti futuribili, ma dei quali è prematuro sostenere che la nostra Provincia possa dotarsi — conclude Bortolottti — Se si vuole puntare al rifiuto zero, quello che non è possibile differenziare va quindi quantomeno valorizzato in qualche modo. La termovalorizzazione potrebbe essere una possibile risposta a questo problema, perché permetterebbe di risparmiare sullo smaltimento e perché rispetto a venti anni fa ci potremmo dotare di tecnologie che hanno ridotto notevolmente l’inquinamento di questi impianti. Dal nostro punto di vista, è infatti impensabile far chiudere a qualcun altro il ciclo dei rifiuti che non siamo in grado di differenziare, perché spesso si finisce soltanto per spostare il problema altrove, una soluzione che finora è sempre andata a discapito di Paesi meno abbienti, che si sono visti recapitare nel tempo tonnellate di rifiuti prodotti da altri».