Il caso
sabato 11 Novembre, 2023
di Tommaso Di Giannantonio
Via alla trattativa con lo Stato sulle ripercussioni della riforma Irpef (il T di ieri). La Provincia rischia un buco di 42 milioni a causa delle minori entrate fiscali. Ieri mattina il presidente trentino Maurizio Fugatti, insieme al collega altoatesino Arno Kompatscher e ai governatori delle Regioni speciali, ha avuto un incontro da remoto con il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. La richiesta dei territori è stata chiara: «La perdita di gettito va compensata». «Valuteremo», è stata la risposta del ministro leghista.
La trattativa è partita. I tecnici sono al lavoro per trovare una soluzione all’interno dei disegni di legge collegati alla manovra economica. La riforma fiscale vale circa 4 miliardi. Il governo Meloni vuole accorpare i primi due scaglioni Irpef in uno solo con un’aliquota al 23% per i contribuenti che dichiarano redditi fino a 28mila euro. Oggi, invece, per i redditi da 15mila a 28mila euro l’aliquota è al 25%, due punti percentuali più alta. L’aliquota Irpef non è altro che la percentuale di reddito prelevata dallo Stato per finanziare le proprie spese. Irpef sta infatti per imposta sul reddito delle persone fisiche, ossia lavoratori dipendenti e pensionati.
Non c’è dubbio che la riforma fiscale porti dei benefici alle buste paghe dei cittadini. In Trentino l’accorpamento degli scaglioni Irpef ha ricadute fiscali positive per circa 240mila persone. Se si tiene conto anche della riconferma del taglio del cuneo fiscale (altra misura della manovra economica), i lavoratori dipendenti avranno aumenti mensili da un minimo di 22 euro ad un massimo di 120 nel 2024.
Ma tagliare le «tasse» significa ridurre le entrate. Il governo punta a compensare la perdita di gettito introducendo delle limitazioni alle detrazioni per i contribuenti con redditi oltre i 50mila euro ed eliminando alcuni sconti fiscali nella fascia reddituale superiore ai 100mila euro. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi e, soprattutto, non sono certi i risultati specie per i contesti e le economie locali. Per questo motivo le Speciali chiedono una compensazione certa.
Sì perché la Provincia di Trento, così come quella di Bolzano, finanzia principalmente le proprie spese — dalla sanità ai trasporti, fino alla scuola — con le «tasse» dei cittadini. Per effetto dell’autonomia finanziaria decidono loro come utilizzare le risorse. Qualcuno potrebbe dire che 42 milioni sono niente rispetto a un bilancio come quello della Provincia di Trento che movimenta 4,7 miliardi di euro. In parte è vero e in parte no: 42 milioni sono quasi l’1% ed equivalgono, ad esempio, più o meno alla metà della spesa per le indennità di accompagnamento per invalidi. Non sono proprio niente. Ma soprattutto i 42 milioni vanno rapportati alle risorse «libere», cioè alle risorse che non sono già vincolate, come il costo strutturale legato agli stipendi dei dipendenti pubblici. Ecco rispetto alle risorse libere «42 milioni rappresentano una quota particolarmente significativa», spiega il direttore generale della Provincia, Paolo Nicoletti.
In totale i governatori delle Speciali — oltre a Trento e Bolzano, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna — hanno chiesto una compensazione pari a 400 milioni di euro. Una cifra non banale rispetto ad una manovra da 25 miliardi, e soprattutto rispetto ad una manovra super blindata. Nell’incontro di ieri il ministro Giorgetti ha preso atto delle istanze delle Regioni e Province autonome e si è riservato di fare le proprie valutazioni. Non ha detto di sì, ma neanche di no. Si tratta. I tecnici sono già al lavoro per trovare una soluzione che accontenti tutti: lo Stato e le Autonomie. Non è solo una questione di soldi. In gioco c’è anche il principio della neutralità fiscale, un principio cardine per l’Autonomia speciale, che dovrebbe mettere al riparo il bilancio della Provincia da manovre statali in materia di tasse.
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