Porto San Nicolò
mercoledì 26 Aprile, 2023
di Chiara Turrini
L’esperienza non è mai troppa quando si scende in acque profonde affidando la propria vita a delle bombole. Ieri mattina (martedì 25 aprile ndr) un’immersione di fronte a Porto San Nicolò ha rischiato di essere fatale a un istruttore di immersioni subacquee venuto da Treviso per immergersi nel Garda insieme a degli amici.
Mancavano pochi minuti a mezzogiorno quando l’uomo, un trentottenne, stava risalendo in superficie in compagnia di un altro subacqueo, meno esperto di lui. L’immersione che stavano completando era di quelle in profondità, che significa oltre i 40 metri sotto il pelo dell’acqua.
Si tratta di immersioni tecniche, ossia più impegnative per profondità e durata rispetto alle classiche immersioni ricreative o sportive, che restano entro i 40 metri e sono praticate dalla gran parte dei subacquei «della domenica», anche a Riva del Garda. Per le immersioni tecniche ci vuole esperienza e bombole diverse rispetto alle semplici mono-gas, quelle cioè che consentono di respirare un singolo gas – l’aria è quello predefinito – durante tutta la durata dell’immersione. Nelle immersioni tecniche, oltre i 40 metri di profondità, bisogna saper gestire le bombole multigas, che forniscono miscele diverse e che possono essere regolate in autonomia a seconda del tipo di immersione.
I due subacquei però sono esperti, con tanto di brevetto da istruttore, e scendere a 50 metri di profondità nelle acque fresche del lago di Garda del 25 aprile non fa paura, così come hanno confidenza con l’uso delle bombole multigas di cui sono dotati. Il gruppo di appassionati inizia così ad immergersi nel corso della mattinata.
Stando alle testimonianze di altri sub non appartenenti alla compagnia, i due sarebbero spuntati dall’acqua all’improvviso, uno reggendo l’altro privo di sensi.
In fase di risalita, secondo la ricostruzione, l’istruttore, dotato di bombole multigas, avrebbe commesso un errore nella miscela di gas da usare per la decompressione, anticipando l’uso dell’ossigeno quando si trovava a una profondità superiore ai 21 metri, gas che andrebbe invece usato solo nelle ultimissime fasi di risalita. L’ossigeno, respirato in quel momento e in quelle condizioni di pressione, è tossico. Il trentottenne sarebbe quindi andato in arresto cardiaco perdendo conoscenza nel giro di pochi secondi.
Fortunatamente il compagno di immersione lo ha subito recuperato e portato sulla terraferma, dove sono iniziate le manovre di soccorso. Subito sul posto il 118 e i vigili del fuoco, che hanno fatto supporto all’elicottero di Trentino Emergenza. Intervenuti anche personale della Guardia Costiera e i carabinieri della Compagnia di Riva del Garda.
Il ferito è stato rianimato sul posto, tanto che secondo i testimoni, prima di salire sul volo diretto in ospedale, avrebbe anche spiccicato qualche parola. Nonostante sia sembrato subito grave, dopo gli accertamenti i medici hanno stabilito che non è in pericolo di vita. L’uomo è stato accompagnato al Centro Iperbarico di Villafranca di Verona, per un trattamento d’urgenza di 5 ore e poi ricoverato nel veronese.
Non è andata meglio al compagno di immersione e un altro amico, di 40 e 55 anni: per soccorrere l’istruttore e assistere nell’intervento i due sono risaliti in superficie senza rispettare i tempi di decompressione. Ecco perché anche loro sono stati portati in ambulanza all’ospedale, per effettuare tutti i controlli del caso e scongiurare il rischio di eventuali embolie, patologie subdole ma non rare, causate da errori anche piccoli commessi nella pratica delle immersioni subacquee.
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di Redazione
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