Elezioni 2023
giovedì 24 Agosto, 2023
di Francesco Barana
L’immigrazione? «Sono contrario, sì al blocco navale». I diritti civili? «Tema laterale, arma di distrazione di massa della sinistra». A parlare non è un qualsiasi peones o parvenu di destra, ma Marco Rizzo, presidente onorario del Partito comunista e leader di Democrazia Sovrana e Popolare. Per Repubblica è un reazionario «rossobruno», il Tempo, quotidiano conservatore, lo ha definito: «Il comunista di destra».
Rizzo, 64 anni, torinese, figlio di un operaio Fiat di Mirafiori e figlioccio politico di Armando Cossutta, il leader della corrente più filosovietica del Pci, fin da ragazzo è soprannominato il «compagno Kojak». Tra il 1994 e 2009 è stato deputato ed europarlamentare prima con Rifondazione Comunista e poi, dopo la scissione cossuttiana del 1998, con il Partito dei Comunisti Italiani.
Rizzo oggi vive a Rovereto («a Trento e Bolzano ho fatto il militare, in Trentino ho tanti amici, ricomincio da dove ho iniziato», racconta) e alle Provinciali di ottobre sarà candidato presidente per la sua lista Democrazia Sovrana e Popolare. «Non è un capriccio, ci siamo chiesti: come facciamo a parlare di autonomia se viviamo in un Paese senza più sovranità? Vorrei confrontarmi con Fugatti e il non pervenuto Valduga. Partiamo dal Trentino per lanciare una battaglia nazionale…».
Scusi Rizzo, da quando un comunista può essere anche autonomista?
«Da sempre. Ci sono scritti fondamentali di Gramsci su sovranità, indipendenza e autonomia. Questa idea che la sinistra sia anti-patria è una cosa degli ultimi trent’anni: il giornale dei partigiani si chiamava Patria e Indipendenza. Sono questi del politicamente corretto che hanno cambiato l’ordine degli addendi».
Ma il comunismo è sempre stato internazionalista e statalista…
«Internazionalismo significa rapporto tra nazioni e quindi prevede l’esistenza della nazione. L’internazionalismo è l’antitesi del globalismo e del mondialismo in voga oggi nella cosiddetta sinistra».
E con lo statalismo, nemico dell’autonomia, come la mettiamo?
«Ricordo che il decentramento e la riforma delle regioni è stata fatta dal Pci nel 1975. Quel partito comunista era molto diverso dal Pd di oggi, traditore e nemico del popolo».
Per Repubblica lei è un rossobruno…
«Repubblica, quindi il Pd. Ogni volta che mi attaccano per me è una medaglia. Il Pd è un grumo di potere, un partito senza idee. Alle Provinciali trentine del 2018 i suoi candidati presero 30 mila preferenze su 35 mila voti di lista. Quando non hai un voto che non sia una preferenza significa che sei privo di contenuti, l’elettore vota il tuo candidato solo perché spera di avere qualcosa in cambio. Da questo punto di vista Lega e Movimento 5 Stelle sono moralmente migliori».
Il Tempo ha intitolato: «Rizzo il comunista di destra»…
«Non mi dispiace, ma al contrario di questa destra io sono coerente. Prima di andare al governo erano contro Nato, Ue e immigrazione, poi hanno fatto l’opposto. Meloni prometteva il blocco navale e invece sono entrati il triplo degli immigrati rispetto ai due anni precedenti. Il sovranismo meloniano è un sovranismo di cartone. Noi di Democrazia Sovrana e Popolare invece siamo per il sovranismo vero, quello gramsciano».
Per questo, dice, si candida…
«Democrazia sovrana e popolare l’abbiamo fondata io e Francesco Toscano che è un cattolico moroteo».
Un comunista con un cattolico che si ispira a Moro. Che fa, ripropone in miniatura il compromesso storico cinquant’anni dopo?
«Però avanzato. Quello tra Berlinguer e Moro era un compromesso difensivo tra due forze enormi, Dc e Pci, mentre noi siamo deboli, piccoli e nascenti, per questo abbiamo la giusta dose di spregiudicatezza per compiere delle operazioni politiche in linea con la società di oggi».
La lotta di classe non c’è più…
«Esiste ancora, ma sono cambiati le parti in conflitto: non più salariati contro autonomi, ma il popolo contro le élite del grande capitalismo delle multinazionali. Il ceto medio nel secolo scorso era nemico del movimento operaio, oggi però si è depauperizzato e proletarizzato».
Quindi lavoratori e padroni sono sulla stessa barca?
«L’unione della classe lavoratrice e del ceto medio, cioè la piccola imprenditoria, i commercianti, gli artigiani, le partite Iva, è strategica per noi. Parliamo potenzialmente al 90% della popolazione italiana».
Auguri. Intanto però la sinistra radicale è divisa in tanti partitini con percentuali da prefisso telefonico, compreso il suo. Siamo oltre alla scissione dell’atomo. Come se lo spiega?
«Il pesce puzza dalla testa, Rifondazione Comunista negli anni ‘90 era pronta a crescere, ma poi crollò era per colpa del narcisismo di chi la guidava…».
Ce l’ha con Bertinotti?
«L’ho conosciuto bene, ci sono pure stato in vacanza assieme. Un personaggio viziato di narcisismo arcaico onnipotente. Bertinotti aveva tutto fuorché interesse per il popolo e i lavoratori. Il suo interesse era collegato al suo stile di vita, ai suoi rapporti mondani, ai salotti bene. Disse che fece la crisi col governo Prodi per dare le 35 ore ai lavoratori, in realtà non gliene fregava niente, voleva solo figurare e fare casino».
È contro l’immigrazione. Perché?
«Perché nasce dal commercio diseguale tra Occidente e Paesi dell’Africa. Una volta si chiamava colonialismo, oggi imperialismo. Guardate il Niger, che si sta risollevando grazie a quello che chiamano golpe e che invece è una rivoluzione: è uno dei Paesi più poveri al mondo, nonostante sia tra i più grandi produttori di uranio, ma la classe dirigente di quel Paese è corrotta e vende la ricchezza del suo Paese all’Occidente, in questo caso alla Francia. I cosiddetti golpisti sono patrioti rivoluzionari che liberano risorse per il loro popolo. Se quei popoli stanno meglio in patria non vengono da noi».
È il famoso «aiutiamoli a casa loro». Parla come Salvini…
«A destra c’è pressapochismo su questi temi, anche nelle stesse parole di Salvini. In una trasmissione parlavo del Niger e un sottosegretario, dandomi ragione, diceva che quel Paese andava liberato dall’influenza cinese, ma la Cina in Niger non c’è. L’immigrazione è uno strumento del capitalismo mondialista, che usa le migrazioni per abbattere i diritti sociali dei lavoratori, creando un esercito industriale di riserva che abbassa il costo del lavoro e mette in conflitto i nostri lavoratori e i migranti».
Lei è gelido anche sui diritti civili, bandiera di Pd e sinistra radicale…
«La sinistra ha sostituito i diritti sociali, che sono quelli fondamentali, con quelli civili, che è un tema laterale, di minoranza. Il problema non è essere gay, ma essere un gay povero. La discriminante è sempre quella di classe. La sinistra sposando i diritti civili ha costruito un’arma di distrazione di massa per sviare dalle questioni vere: lavoro, salari, pensioni, stato sociale».
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Oggi l'incontro pubblico moderato dal direttore de «ilT» Simone Casalini al quale parteciperanno gli esponenti locali della fede cristiano cattolica, ortodossa, avventista del settimo giorno, islamica, buddhista e bahai