calcio
domenica 22 Dicembre, 2024
di Angelo Zambotti
Sono passati quasi 45 anni, ma c’è chi ricorda ogni attimo di quel venerdì di giugno. La giornata in questione è il 13 giugno 1980, un Sant’Antonio da Padova andato di traverso a molti euganei. Al Bentegodi di Verona, infatti, il Trento superò ai rigori i biancoscudati nello spareggio per la promozione in C1, un match che alla vigilia sembrava disegnato su misura per i veneti. I gialloblù tra la terzultima (pareggio in casa con il retrocesso Carpi) e la penultima giornata (sconfitta in casa del demotivato Conegliano) aveva infatti dilapidato un importante vantaggio sui patavini, con il Modena capace di sigillare il primo posto a quota 49 punti nonostante un’andatura a singhiozzo. Dopo 34 giornate, a 48 punti (la vittoria valeva 2 punti) si ritrovarono appaiati Trento e Padova, chiamati a giocarsi tutto in un faccia a faccia che valeva una stagione. In campionato i gialloblù furono sconfitti nel match di andata giocato all’Appiani, poi a fine marzo al Briamasco lo 0-0 sembrava un risultato favorevole agli aquilotti, che in quel momento si trovavano davanti a tutti in una classifica che poi si rimescolò più volte sino a fine stagione. Detto degli scontri diretti, ecco la scelta della Federazione di collocare lo spareggio nel pomeriggio di venerdì 13, scelto in quanto giorno di riposo dell’Europeo ospitato in quelle settimane dall’Italia. Una sorta di «favore» ai biancoscudati, che potevano contare sul sostegno di 20mila tifosi vista la festività cittadina. Gli spettatori vestiti di gialloblù, in un giorno che a Trento era feriale, erano molto meno, ma la festa fu tutta loro dopo il 2-2 dei 120’ e i rigori conclusi con il tiro vincente dell’allora 22enne Rosario Parlato a riportare gli aquilotti in terza serie. «Partii dalla panchina – ricorda Parlato, una carriera da calciatore tra Brindisi, Pordenone, Trento e Rovereto – poi Sala si infortunò e il mister mi fece entrare dopo l’intervallo. I rigoristi erano già stati decisi il giorno prima: io avevo scelto di essere il quinto, sperando non servisse…». Invece, grazie anche alle parate del portiere reggiano Giuliano Manfredi, altro eroe di quel giorno mitico, Parlato (con il numero 13 sulle spalle, tanto per restare in tema) si ritrovò sui piedi il pallone della storia. «In porta c’era Piero Gennari, mio compagno di “naja” a Barletta, uno che aveva la fama di “para-rigori”, difatti era stato appena inserito al posto di Fausto Gandolfi. Lui mi aveva fatto un cenno come a dire “te lo paro”, ma ricordo bene anche le parole che, quando partii verso il dischetto, mi riferì Piergiorgio Lutterotti, leader di una squadra che comprendeva anche i vari Sala, Telch, Daldosso e via dicendo. Mi fece coraggio, d’altronde quel gruppo era una grande famiglia, guidata da quel grande uomo che era mister Bruno Baveni». Gol. Tripudio. Trentacinque anni dopo, da allenatore della Rotaliana, lo stesso Parlato regalò un grande dispiacere a Mauro Giacca, alla prima stagione alla presidenza del rifondato Trento: nel 2014/15 il campionato di Promozione fu infatti artigliato dal team di Mezzolombardo, che costrinse gli aquilotti a un altro anno di inferno. «Per noi, ovviamente, fu una gran bella soddisfazione vincere davanti al Trento. Negli anni successivi, però, Giacca, che quando giocavo era un nostro grandissimo tifoso, si è rifatto. La Serie B? Penso che per il Trento sia un traguardo raggiungibile, un giorno o l’altro, e devo dire che questa dirigenza se lo meriterebbe». Chi vincerà al Briamasco tra i gialloblù di mister Luca Tabbiani e i biancoscudati del tecnico Matteo Andreoletti? «Per me questa domanda è troppo semplice, sono di parte: vince il Trento. Loro sono uno squadrone, è vero, ma anche il Trento sta facendo una gran bella stagione e può fare il colpo». Tornando a lei, non le manca il campo? «Un po’ si, ora sono fermo ma dopo tantissimi anni si può anche stare un po’ senza calcio. Se arrivasse qualche proposta stimolante, però, sarei pronto a tornare: il segreto è tutto lì, negli stimoli». E al calcio trentino cosa manca per esprimere talenti da lanciare sui grandi palcoscenici? «Mi sto facendo questa domanda da almeno 35 anni: penso servano tecnici e allenatori che abbiano le competenze giuste, ma il discorso, mi creda, sarebbe lunghissimo…». Più lungo, probabilmente, anche di quegli interminabili istanti di avvicinamento al dischetto, in quel venerdì di giugno di quasi 45 anni fa…
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