La storia

giovedì 24 Ottobre, 2024

Rossella e l’ictus non visto: il rimborso pluri-milionario dei medici

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La giovane ha riportato danni permanenti. L'offerta dei camici bianchi a processo per lesioni colpose gravissime

Ictus «non diagnosticato», una ragazza di 26 anni di Cles, Rossella, che ogni giorno, ogni istante, si trova ad affrontare le tremende conseguenze del presunto ritardo nella diagnosi, e cinque camici bianchi degli ospedali di Cles e Trento per i quali la Procura ha chiesto il processo per l’ipotesi di lesioni colpose gravissime in ambito medico: al momento c’è un’offerta di risarcimento danni, a quanto parrebbe una cifra cospicua, plurimilionaria, al vaglio delle parti civili assistite dall’avvocata Elena Valenti (e cioè della giovane, dei genitori Simonetta Tondon e Maurizio Tomasella, e dei due fratelli). La trattativa è quindi ancora aperta. Motivo per cui il giudice per l’udienza preliminare Gianmarco Giua ieri ha rinviato a giugno 2025. A quando cioè dovrebbe essere stata chiusa la trattativa, definitiva la questione del risarcimento. E allora la 26enne e i suoi familiari, la cui priorità è sempre stata quella di «garantire a Rossella una vita dignitosa», potrebbero anche procedere con la remissione di querela determinando così l’estinzione del reato contestato, quindi la chiusura del procedimento a carico degli operatori sanitari, assistiti dagli avvocati Roberto Bertuol, Claudio Failoni, Massimo Zanoni, Nicola Stolfi e Giuliano Valer. Imputati che quindi verrebbero prosciolti.
La giovane è rimasta parzialmente paralizzata a seguito dell’ictus che l’ha colpita ad agosto 2020. Era esattamente il 21 agosto quando si è presentata con i suoi all’ospedale di Cles con «formicolii, mal di testa e un dolore (e rumore) enorme all’orecchio sinistro». Ma secondo gli inquirenti quei problemi neurologici per i medici sarebbero stati di natura psichiatrica. E anche se trasferita a Trento per terapie e tac, la risposta arrivò solo il 24 agosto, dalla risonanza magnetica. Da allora la ragazza è costretta su una sedia a rotelle e, qualche tempo fa la famiglia aveva anche chiesto aiuto alle istituzioni per trovare un nuovo alloggio visto che vivono al terzo piano di una palazzina senza ascensore.
Quel maledetto ictus ha costretto la giovane ad abbandonare la vita che sognava e che si stava costruendo, prima con la scuola per interpreti a Trieste, poi con l’università a Manchester, dove stava per recarsi quasi quattro anni fa, per frequentare le lezioni e insegnare l’italiano agli inglesi. «Da quando è successo – aveva già detto la madre, Simonetta Tondon, davanti alle telecamere –, Rossella continua a ripetermi che era meglio se fosse morta perché sostiene di avermi rovinato la vita».