Testimonianze
domenica 6 Agosto, 2023
di Anna Maria Eccli
Nweke Chukwuka, l’omicida, ha un corpo scultoreo che, a quanto pare, trovava il tempo di allenare nello stesso parco in cui, nella serata di sabato, ha messo fine alla vita di Iris Setti. Tra le poche persone che riusciamo a incontrare nel tentativo di raccogliere testimonianze che aiutino a capire ciò che è accaduto nel parco di Santa Maria, in un deserto pomeriggio domenicale, c’è chi ricorda il giovane e atletico assassino intento a fare flessioni tra il verde, attività cui si dedicava spesso. In molti hanno anche visto il breve video girato durante l’aggressione da un abitante della zona già in mano alle forze dell’ordine. Un video difficile da sostenere con lo sguardo, come ci assicurano. Parla di urla, d’una forza e di una cattiveria straordinarie, incontrollate, talmente esorbitanti da non poter essere esercitate da un uomo in condizioni normali. Interminabile la sequenza di pugni alternati degni, d’un campione karateka, messa a segno con inaudita ferocia sopra un corpo già esamine. «La signora era già praticamente morta – ci racconta un signore che di arti marziali se ne intende e che quel video lo ha visto, ma che desidera restare anonimo – quando lui, accovacciatovisi sopra, dopo averle abbassato i pantaloni, continuava a picchiare con una forza inaudita. Un video da non sopportare… Alla fine le ha anche sfilato dalla mano un anello che poi gli hanno trovato in tasca, all’ospedale. Un bestione d’uomo completamente fuori di testa. Io penso avesse in corpo cocaina, perché la velocità con cui assestava i pugni, non è sostenibile per nessuno in condizioni normali».
Non sono stati molto coloro che si sono accorti di quanto stava accadendo: «Sabato sera stavo guardando la televisione – ci racconta una signora – quando ho sentito le sirene dell’ambulanza e il rumore dell’elicottero, ma da queste parti è normale, siamo a ridosso dell’ospedale di Santa Maria del Carmine, così non mi sono preoccupata neanche di affacciarmi al balcone. Ho saputo tutto, con orrore, all’indomani mattina» (ieri mattina, ndr.).
Ripercorriamo il vialetto lungo il quale è avvenuta un’aggressione davvero unica, per la ferocia gratuita che l’ha contraddistinta; ovviamente non vi sono più gli oggetti schizzati dalla borsetta della vittima e immortalati dalle prime fotografie, in notturna, ma tra l’erba circostante vediamo le tracce d’uno screen, forse del cellulare appartenuto a Iris. Il parco, del resto molto curato e confinante con i condomini del complesso “Europa”, in passato era stato ricettacolo dei disperati della città. Ma il tempo dei furti e dello spaccio sembrava essere superato; cementate le arcate che fungevano da riparo e covi per traffici non proprio onesti, trasformato per alcuni anni in platea per il “cinema all’aperto” cittadino, sembrava essersi riappropriato d’una allure accettabile. Ma il problema, ci dicono tutte le persone che abbiamo sentito, è che girano troppe con disagio psichico. «Già l’anno scorso – osserva un signore – quando questo soggetto, che oggi dobbiamo chiamare assassino, aggredì i passanti per strada, saltando sui cofani delle automobili, doveva essere fermato». E anche la fatidica riforma Basaglia, aggiungiamo noi, aveva bisogno di compimento, di una evoluzione mai avvenuta dal momento che, nonostante tutti gli sforzi introdotti, le stesse famiglie che hanno la sventura di avere un malato psichiatrico in casa si sentono sostanzialmente sole.
Raggiungiamo telefonicamente Luca Filagrana, già direttore della Cassa Rurale di Rovereto, per ricordare questa bella e curatissima signora barbaramente uccisa a soli 61 anni (e che si godeva la pensione da pochi anni): «Nessuno meritava una morte così atroce – ci dice – ancora meno Iris. È stata la mia segretaria per 11 anni. Anzi no, in verità è stata la segretaria “della Cassa Rurale”, di tutti, professionale, riservata, onesta, retta, affidabile, era una persona veramente speciale. Le racconto un aneddoto: Lei chiedeva unicamente una cosa, un giorno di ferie per il suo compleanno. Dopo un po’ le chiesi come mai e la risposta non si fece attendere: per darmi alla luce mia madre ha sofferto, mi rispose, e per questo io ho deciso di dedicarle la giornata. E io sapevo che per il suo compleanno lei portava la mamma a rinnovare il guardaroba, dal parrucchiere e al ristorante. Ecco chi era Iris. Pacem sepultis, dei morti si dice sempre bene, ma in questo caso non è retorica; era benvoluta veramente da tutti».
Stesso ricordo pieno di rammarico e di rispetto per la delicatezza di questa signora elegante, che in molti ricordano nelle sue passeggiate cittadine, ce lo offre Silvano Piazzini, già vicepresidente della Cassa Rurale di Rovereto: «Quando ci incontravamo amava ricordare con simpatia la frase con cui, anni prima, l’avevo salutata; riguardava il suo nome, che è quello d’un bellissimo fiore. Io posso dire che era una persona eccezionale e che ha ricoperto il proprio ruolo con grande professionalità, passione, attaccamento all’istituzione e grandissima riservatezza. I rapporti con lei erano basati sulla massima correttezza. Le piaceva anche ridere e scherzare, ma sempre con eleganza».
Pensiamo allo scempio d’una città schizofrenica, che da una parte vive nel desiderio di confermarsi baluardo maturo e consapevole di cultura, creatività, benessere ed accoglienza, mentre dall’altro non è esente dai morsi d’una modernità contradditoria e violenta, segnata da sacche di degrado. Un degrado, tra il resto, non sempre visibile, ma che in questo caso era sotto agli occhi di tutti. Per quanto ozioso, ci sovviene il pensiero dell’assurda coincidenza tra l’esercizio di tanta ferocia nel parco che ha raccolto l’ultimo respiro della signora e la ferocia con cui hanno insanguinato Nikolajewka a cui il giardino è dedicato.