L'intervista
domenica 13 Ottobre, 2024
di Lorenzo Fabiano
«Puoi perdere perché il tuo avversario ha giocato meglio, ma non puoi perdere perché non hai dato il massimo»; parole che compongono una delle lezioni di vita che lascia ai posteri un immenso campione come Rafa Nadal che pochi giorni fa ha salutato la scena; ecco, tutto si può dire ai ragazzi di Luna Rossa, tranne che non abbiano dato il massimo per inseguire quel sogno chiamato America’s Cup. A tentare di sfilare la coppa delle cento ghinee ai neozelandesi tocca ora, e va detto con merito, a sir Ben Ainslie e compagnia sotto lo Union Jack. Certo, qualche errore lo hanno commesso i nostri ragazzi, ma gli va riconosciuto di aver lottato fino in fondo, tanto da riuscire a vincere persino una regata con la barca incerottata. Non è bastato, e adesso su questa luna italiana a Barcellona c’è un manto di delusione per ciò che poteva essere e alla fine non è stato: «La delusione c’è, perché avevamo una barca fantastica e penso veramente che stavolta Luna Rossa potesse vincere l’America’s Cup. Purtroppo non ce l’abbiamo fatta, ma d’altronde così è lo sport», commenta amaro Ruggero Tita, bicampione olimpico a Tokyo e a Parigi e timoniere rimasto in panchina a Barcellona. Poteva essergli data la chance di mettersi il timone? Forse, ma col senno di poi non si va da nessuna parte. Quel che è semmai certo è che il futuro di Luna Rossa passa da lui.
Ruggero, che esperienza le rimane da questa America’s Cup a Barcellona?
«Già nel 2021 ero nel team di Luna Rossa per la trentaseiesima edizione della Coppa America; con il team seguii lo sviluppo della barca fino alla partenza per Auckland, poi non potei partecipare perché quell’anno si sovrapposero le Olimpiadi a Tokyo. Il mio ruolo è di timoniere, e a Barcellona ero pronto a salire in barca qualora ce ne fosse stato bisogno. Questo non è accaduto, e devo dire che è stata un’esperienza abbastanza dura, nel senso che vieni da due medaglie d’oro olimpiche nel tuo sport e ti ritrovi a star seduto in panchina. Non è stato per niente facile. Ora dobbiamo metterci lì a capire cosa non ha funzionato, e lavorare per cercare di andare a vincere la prossima».
«Abbiamo tanti velisti agguerriti nel team e un futuro brillante davanti a noi con promettenti talenti giovanili», ha detto il patron di Luna Rossa Patrizio Bertelli. Lei è uno di quei talenti.
«Di certo ci sono delle ottime possibilità. Ora bisogna guardare avanti e vedere cosa prospetta il futuro. Sicuramente la Coppa America è la numero uno delle mie priorità».
È riuscito a trovare il tempo per volare a Roma al ricevimento degli atleti olimpici al Quirinale; per lei era la seconda volta.
«Diciamo che non ti stufi mai di vedere quanto è bello il Quirinale. Ho potuto scambiare due parole col presidente Mattarella e ritrovarsi con gli altri atleti è sempre un piacere».
Con Britannia è stata una battaglia navale; vero che avete avuto dei guai, ma alla fine cosa hanno avuto gli inglesi più di voi?
«Io credo che la nostra barca fosse leggermente superiore, ma abbiamo perso le partenze e ci siamo trovati quindi a rincorrere. Nella vela inseguire e sorpassare è molto difficile, perché chi sta davanti riesce a “rubare” il vento e a fare da tappo all’avversario che sta dietro. Così può succedere che alla fine la barca inferiore stia davanti a quella con caratteristiche più performanti».
Sir Ben Ainslie al timone ha confermato di essere davvero un osso duro.
«Sicuramente, ma un grandissimo merito va dato al suo compagno timoniere Dylan Fletcher, anche lui medagliato a Tokyo (oro nel 49er maschile, ndr), che ha dato un grossissimo contributo».
Ora Britannia sfida New Zealand per l’America’s Cup. Su chi le metterebbe le fatidiche cento ghinee?
«New Zealand ha qualcosina in più, è una barca più simile alla nostra, barche studiate per venti più leggeri. Britannia è più performante in condizioni di vento forte. Quindi diciamo che molto dipenderà dalle condizioni meteorologiche. Io, comunque, punto sui neozelandesi».
A proposito di barche, queste Formula Uno del mare che volano sospese sull’acqua hanno aperto un dibattito. Cino Ricci, storico skipper di Azzurra nel lontano 1983, non era stato tenero: «Questa non è vela», aveva detto. Poi si è ricreduto e ha ammesso di divertirsi a seguire le regate. Lei che ne pensa?
«La tecnologia va avanti, la Formula Uno di vent’anni o trent’anni fa non è la stessa di oggi, e anche la vela fa passi da gigante grazie a un’evoluzione continua dal punto di vista dello sviluppo sia dei materiali che tecnologico. Ciò permette di creare barche sempre più complesse, ma soprattutto più performanti. A me le barche piacciono tutte; ho avuto la possibilità di navigare ad esempio in Classe Star, una delle barche storiche per eccellenza con cui Agostino Straulino vinse nel 1952 a Helsinki la prima medaglia d’oro nella storia della vela italiana. La Star è ancora oggi una delle barche più belle sui cui ho navigato. Ma, foil o no foil, a me piace trovare il meglio di ogni imbarcazione, sfruttarne tutto il potenziale e condurla alla massima velocità».
Torniamo a Luna Rossa: per Checco Bruni è pronto un ruolo da coach, mentre James Spithill si dedicherà al SailGP, al cui timone ci sarà lei. Cosa ha imparato dai due timonieri titolari?
«Checco è sempre stato uno dei miei punti di riferimento; è uno dei pochi velisti italiani ad aver fatto tre Olimpiadi, e su tre barche diverse. L’ho conosciuto quando mi sono affacciato al mondo di Luna Rossa, è sempre stato di grande supporto e mi ha dato tanto. Sono convinto che nel ruolo di coach saprà sicuramente dare ancora una volta il suo contributo a Luna Rossa. Per quanto concerne Jimmy, diciamo che abbiamo due caratteri molto simili, siamo entrambi molto freddi e mi ritrovo in lui; anche lui è fonte di grande ispirazione; il lavoro non si ferma, e proseguiremo insieme nel progetto SailGP».
E il progetto Luna Rossa come prosegue ora?
«La botta è stata dura, e il team è un po’ acciaccato. Ora bisogna cercare di mettere insieme i pezzi, capire cosa è andato e cosa non è andato senza puntare il dito su qualcuno, e cercare di migliorare con spirito costruttivo per ripartire il prima possibile per una nuova avventura. Abbiamo ottime prospettive, risorse umane fantastiche, un design team che ci ha messo a disposizione una barca che poteva vincere la Coppa America. Ora dobbiamo metterci a lavorare per cercare di tirarne fuori un’altra che in termini di prestazioni sia all’altezza di quella che avevamo a Barcellona. In Coppa America ci vuole anche un po’ di fortuna perché, almeno fino agli ultimi mesi, non sai mai cosa abbiano in mano gli avversari».