Corsi d'acqua
venerdì 2 Febbraio, 2024
di Adele Oriana Orlando
Rinaturalizzare e riqualificare i corsi d’acqua può essere considerato il vero progresso, ne sono convinti gli esperti, così come chi quotidianamente è impegnato nella sensibilizzazione della popolazione verso un tema più ampio: l’ambiente e la sua tutela. In Alto Adige, in chiave di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, qualcosa è già stato fatto. In Trentino, invece, il percorso sembra ancora lungo ma, nell’ottica di voler preservare risorse e di ottimizzare i costi, intervenire sembra davvero necessario. In Alto Adige ci sono team di esperti che si muovono nella direzione della rinaturalizzazione o riqualificazione. A raccontare questa pratica e i benefici che porterebbe sia sul territorio, sia nelle casse pubbliche, è Tommaso Bonazza, portavoce del Comitato permanente per la difesa delle acque del Trentino.
In Alto Adige da qualche tempo si assiste a interventi di rinaturalizzazione…
«In Alto Adige c’è un approccio abbastanza avanzato sul tema. A Bolzano, l’Ufficio bacini montani della protezione civile, il corrispettivo del nostro Servizio bacini montani, da qualche anno, anche in nome della sicurezza, ha avviato un ambizioso programma pluriennale con più di cinquecento interventi di riqualificazione fluviale e di rinaturalizzazione. Quello altoatesino è un piano esteso e ben strutturato, condotto attraverso un approccio interdisciplinare e scientificamente fondato. Noi guardiamo a questa iniziativa con grande interesse e con la speranza che questo modo di lavorare possa esprimersi anche sul nostro territorio provinciale. Ci piacerebbe che il nostro Servizio bacini montani coinvolgesse sistematicamente nella progettazione e realizzazione dei suoi interventi ecologi fluviali, idromorfologi e naturalisti. Purtroppo, la voce di questi professionisti viene puntualmente ignorata eppure queste figure sono tra le poche in grado di descrivere i fiumi per quello che sono veramente: sistemi vitali, complessi e caratterizzati da un intricata rete di raffinate interconnessioni bio-chimico-fisiche. In Trentino ci sono dei timidi segnali al momento, però riteniamo che sarebbe auspicabile un netto cambio di marcia, un nuovo paradigma di azione per ridare ai nostri corsi d’acqua ciò che spetta loro, quella dignità che abbiamo tolto loro in un tempo molto rapido, dal secondo dopoguerra in poi».
Rinaturalizzare e riqualificare indicano la stessa pratica?
«Le due parole non sono esattamente dei sinonimi. La rinaturalizzazione è il tentativo, attraverso un intervento abbastanza esteso, di riportare il corso d’acqua a delle condizioni di naturalità. La riqualificazione fluviale è un intervento che mira a ristrutturare alcune capacità ecologiche del fiume, con particolare riferimento ai servizi ecosistemici, ovvero a tutte quelle funzioni che i corsi d’acqua operano se sono lasciati nelle condizioni di farlo. Parliamo di servizi che valgono milioni di euro. Abbiamo strumenti sempre più raffinati per calcolare questo valore. È importante sottolineare che è il corso d’acqua il beneficiario di questi interventi, si tratta di mettere il fiume al centro, non l’uomo».
Quali sono nello specifico i benefici di queste pratiche?
«I benefici sono molteplici e hanno anche a che fare con il contrasto degli effetti dei cambiamenti climatici, come la siccità. Tra i servizi ecosistemici più importanti ci sono: l’autodepurazione delle acque; la fitodepurazione dei terreni grazie alla vegetazione delle fasce riparie; la microregolazione del clima, il sostegno alla biodiversità; il riciclo di nutrienti e la regolazione dei regimi idrologici. Non ultimi, ricordiamo quei servizi di tipo ricreativo, psicologico e di benessere legati alla frequentazione umana dei corsi d’acqua».
Qual è, nel panorama descritto, la funzione del comitato?
«La nostra funzione è quella di sensibilizzare le persone e spingere le amministrazioni a occuparsi della questione in maniera efficace. In Trentino abbiamo sempre avuto una grande quantità di acqua. Tuttavia, la crisi climatica e altri fattori forzanti di cambiamento ci impongono di ripensare al nostro rapporto con questa importante risorsa. È un bene prezioso che appartiene a tutti e come tale va gestito. Il comitato fa pressione sulle istituzioni, perché intraprendano percorsi di gestione coraggiosi e lungimiranti. La direttiva quadro Acque, recepita all’interno del nostro Piano tutela acque, è un punto di partenza che in molti casi è ancora disatteso. Ricordiamo che uno degli obiettivi principali di questo quadro normativo è l’incremento, laddove non sia possibile il mantenimento, dello stato di salute dei corsi d’acqua. In Trentino abbiamo la fortuna di avere dei corsi d’acqua che sono classificati come di qualità elevata eppure accettiamo che vengano messe in atto azioni che minacciano questo grado di qualità. A livello europeo si sta prospettando una normativa ancora più stringente, come la Nature restoration law che sarà in discussione nei prossimi mesi nelle aule del parlamento europeo e che mira al ripristino degli habitat naturali. Tra questi, c’è anche la parte legata alle acque con la necessità di riportare ad un alto grado di funzionalità ecologica anche le aree umide, i fiumi, i torrenti, i rii, i corsi d’acqua minori. All’interno di una di queste proposte che fa riferimento alla strategia per la biodiversità 2030, c’è l’idea di riconnettere ben 25 mila chilometri di fiumi in tutta Europa. Questo vuol dire che i nostri fiumi sono molto frammentati e che noi umani abbiamo costruito un quantitativo esorbitante di infrastrutture che bloccano quel naturale flusso di nutrienti e di vita che scorre con l’acqua. Questo è un grande danno economico, sociale e ambientale per tutti noi. Siamo stati molto antropocentrici, ci siamo completamente dimenticati dei diritti che ha la natura, che ora ci presenta un conto salatissimo».
Cosa possiamo fare ora, come intervenire?
«Si può intervenire in molti modi per migliorare la situazione. Ci sono opere di riqualificazione che vengono condotte con cantieri temporanei sui fiumi, cercando di essere il meno invasivi possibile nei confronti dell’ecosistema. Di solito si interviene sulla morfologia, quindi sulla forma del corso d’acqua, riconnettendo aree umide, ricreando un andamento meandriforme e lavorando sulla strutturazione dell’alveo. Si cerca inoltre di rigenerare gli habitat che sono fondamentali per la fauna ittica, lavorando sull’interazione tra il sedimento e la vegetazione. Un argine vegetato nel modo giusto è in grado di far fronte a una serie di problematiche, come il consolidamento delle sponde e lo smorzamento della forza dell’acqua, cruciali in caso di eventi estremi. Si tratta di agire con intelligenza e non con forza».
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