L'intervista

giovedì 2 Gennaio, 2025

Galligioni, il Pezcoller e il futuro della ricerca contro il cancro: «Servono talenti e un’alleanza comune»

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Il presidente: «Dal 1990 la mortalità per tumori è in calo del 2% all’anno, si può vincere questa battaglia. La Fondazione è un riferimento internazionale»

Il cancro non rappresenta più il male incurabile per eccellenza, ma una battaglia che si può vincere. Solo a patto, però, di uno sforzo comune tra ricercatori, istituzioni e comunità. Ne è convinto Enzo Galligioni, per vent’anni primario al Santa Chiara di Trento e dal 2016 presidente della Fondazione Pezcoller. La realtà fondata dal medico Alessio Pezcoller 45 anni fa, spiega l’oncologo, lavora a questo su molti fronti: dai simposi annuali che portano in Italia il gotha della ricerca mondiale al sostegno ai giovani ricercatori attraverso borse di studio e di ricerca. Passando per i premi di rilievo internazionale, conferiti insieme alle maggiori realtà dell’oncologia come l’American Association for Cancer Research e la sua omologa europea, l’Eacr, spesso destinati a ricercatori che – ben quattro volte – hanno vinto, anni dopo, il Nobel con le stesse motivazioni. Il 2024 – racconta Galligioni- ha visto la Fondazione impegnata in un crescendo di attività, dalla formazione, alla divulgazione, alla partecipazione a progetti innovativi che avranno ricadute dirette sul territorio trentino.
Professor Galligioni, la Fondazione Pezcoller è nata in una realtà relativamente piccola come il Trentino, ma oggi è riconosciuta come un punto di riferimento internazionale nel mondo dell’oncologia. Come si spiega questo successo?
«Sin dal 1979, la Fondazione Pezcoller è un punto di riferimento per la ricerca oncologica. Grazie a premi internazionali, simposi e borse di studio, ha sostenuto giovani ricercatori e promosso progetti di altissimo valore scientifico, guadagnandosi un prestigio riconosciuto a livello mondiale, anche grazie a partnership realizzate con l’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro (AACR) e l’Associazione Europea per la Ricerca sul Cancro (EACR), che hanno rafforzato la visibilità e la credibilità internazionale della Fondazione».
Invece che limitarvi a premiare i ricercatori che hanno raggiunto risultati eccezionali, un aspetto fondamentale è l’investimento massiccio sui giovani.
«Sì. Da sempre la Fondazione punta su nuove generazioni di talenti. Cerchiamo di dare loro l’opportunità di crescere e confrontarsi con i migliori scienziati del mondo. Selezionare solo pochi candidati tra tanti brillanti è una delle parti più difficili. Negli anni, le strategie per includere giovani ricercatori, donne e scienziati agli inizi della carriera si sono evolute».
Tra i talenti che avete premiato, quali sono quelli di cui siete particolarmente fieri?
«Il nostro vero orgoglio è aver dato un contributo reale alla ricerca oncologica e, in parte, al percorso di quattro premi Nobel che, prima di ricevere il Nobel, avevano ottenuto il Premio Pezcoller. Tra i grandi risultati, anche la collaborazione con William Kaelin, Nobel nel 2019, che ha accettato di diventare direttore scientifico dei Simposi Pezcoller».
Quali sono le ricadute sul territorio delle vostre attività?
«La Fondazione punta a una presenza sempre più forte sul territorio, con un’attenzione particolare alle ricadute locali dei progetti di ricerca. I Simposi Pezcoller, da 36 anni, portano a Trento i più importanti scienziati del mondo, per confrontarsi su temi all’avanguardia. Sempre in Trentino, partecipiamo a progetti innovativi come “Dal vetrino al file”, una vera rivoluzione nella diagnostica oncologica. Grazie alla collaborazione con l’Università di Trento, la Fondazione Bruno Kessler e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (Apss), le immagini istologiche dei tessuti tumorali vengono digitalizzate e analizzate con l’intelligenza artificiale. Questa innovazione migliorerà la precisione e la velocità delle diagnosi, consentendo terapie personalizzate».
Quest’anno avete commissionato uno studio indipendente all’università di Trento per quantificare l’impatto delle vostre attività nella comunità scientifica e nella comunità locale. Come è andata?
«Molto bene: con un indice di efficacia del 79,6% nel 2023, la Fondazione ha dimostrato un costante miglioramento. Questi dati confermano che stiamo andando nella giusta direzione e ci spingono a fare ancora di più».
Tra le novità in arrivo nei prossimi mesi c’è un cambio di status giuridico: diventerete ufficialmente un ente del Terzo settore. Inoltre trasferirete la vostra sede in una dimora prestigiosa: palazzo Bortolazzi Larcher Fogazzaro, recentemente restaurato.
«Diventare un ente del Terzo settore è un passo importante per la nostra organizzazione, anche se siamo solo all’inizio del percorso, è presto per dire cosa cambierà. Per quanto riguarda la nuova sede, frutto del lascito di Marina Larcher Fogazzaro e del contributo della Provincia Autonoma di Trento, il suo restauro rappresenta un traguardo importante, non solo simbolico. Saremo operativi nella nuova sede da febbraio, e la cerimonia d’inaugurazione sarà un modo per ringraziare la comunità trentina per il continuo sostegno».
Guardando a un futuro un po’ più lontano, c’è un tema chiave su cui intendete concentrarvi?
«Tra le sfide dei prossimi dieci anni, la più importante è la comunicazione. Far capire che il cancro non è una sola malattia, ma un insieme di malattie diverse che richiedono terapie personalizzate».
Negli ultimi anni la lotta contro il cancro ha fatto passi da gigante. C’è ragione di essere ottimisti?
«Il cancro non è più il male incurabile. Dal 1990, la mortalità per queste malattie è in calo del 2% ogni anno, anche in Italia. Si può vincere questa battaglia, ma servono alleanze tra ricercatori, istituzioni e comunità. E la Fondazione Pezcoller, con 45 anni di storia alle spalle, è pronta a fare la sua parte»