sanità
mercoledì 19 Febbraio, 2025
Sanità a pagamento e cittadini impossibilità a curarsi, il monito dei sindacati: «Preoccupanti i dati. Si rafforzi la sanità pubblica»
di Redazione
I sindacati: il diritto alla salute va garantito. Serve un piano straordinario per rafforzare il servizio pubblico

«Se tredicimila famiglie trentine rinunciano a curarsi abbiamo di fronte l’ennesima dimostrazione che la sanità pubblica nella nostra provincia è in grave affanno». A dirlo, in una nota congiunta, di Cgil, Cisl Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher in merito al servizio pubblicato da il T Quotidiano sulle famiglie che non possono sostenere le cure. Chi non si cura lo fa perché non trova spazio nelle strutture pubbliche e non ha risorse per accedere a quelle private. Oltre ad essere molto preoccupante tutto ciò dovrebbe imporre una presa d’atto della criticità della situazione e scelte conseguenti per rimettere al centro il servizio sanitario provinciale. Il che vuol dire maggiori risorse per garantire il diritto alla cura a tutti i cittadini, per fronteggiare la drammatica carenza di organici e attrarre nuovo personale, per valorizzare concretamente chi oggi lavora nella sanità pubblica ma è in condizione di profonda frustrazione e stanchezza, ed è tentato di lasciare il proprio lavoro, come ha recentemente messo in luce anche un’indagine dell’Ordine delle professioni infermieristiche.
A fronte di bisogni di cura in crescita, di un progressivo invecchiamento della popolazione e anche ad una fragilità crescente, il nostro sistema è profondamente in difficoltà. Serve una svolta, che punti alla reale presa in carico delle necessità dei cittadini, ma che investa anche in un rafforzamento importante della prevenzione per gestire nel modo migliore i bisogni di salute del prossimo futuro».
Ancora: «Fino ad oggi ci si è limitati a soluzioni tampone e si è pericolosamente sbilanciato il sistema a vantaggio della componente privata. La giunta Fugatti dal 2018 ad oggi ha quasi raddoppiato le risorse alla sanità privata (accreditata), passando da 42,1 a 72,6 milioni di euro del 2024. Queste scelte depauperano la sanità pubblica, la rendono meno attrattiva per i professionisti sanitari e, di conseguenza, restringono la possibilità di cura dei cittadini, soprattutto quelli più fragili che devono fare i conti con liste d’attesa lunghissime. Ci auguriamo già dal prossimo assestamento di bilancio di vedere un cambio di passo. Domani saranno cinque anni dall’esplosione della pandemia. Il Covid avrebbe dovuto insegnarci l’importanza di rafforzare la sanità pubblica, la centralità delle cure territoriali, la prevenzione. Di quel tempo restano i proclami, languono le scelte concrete».
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