La testimonianza
martedì 14 Marzo, 2023
di Davide Orsato
Da giorni sentiva forti dolori all’addome, lancinanti. E per giorni è rimasta in attesa di un responso da parte dei medici, dopo essere stata rimandata a casa dal pronto soccorso. Finché, ritornata in ospedale con la febbre alta e quel male che non voleva passare, non è arrivato. Ed è stato a quel punto che ha ricevuto la diagnosi che le è costata un’operazione, con il senno di poi rivelatosi inutile, secondo quanto le hanno detto gli stessi medici che l’hanno operata. Se n’è accorto il chirurgo che le ha tolto l’appendice: sembrava tutto a posto. Il problema, era altrove, in un altro organo interno, dove erano evidenti, invece, i segni di infezioni, e che è stato drenato.
Protagonista, suo malgrado, della vicenda, una giovane donna di 32 anni di Gardolo, Valentina Formolo, ricoverata d’urgenza nella serata di domenica. La donna si è ripresa dall’intervento nella tarda mattinata di ieri: nemmeno il tempo di «smaltire» l’anestesia che si è accorta di stare ancora male. «È stato il chirurgo che mi ha operato — racconta — a spiegarmi che la mia appendice era sanissima, per nulla gonfia». All’origine dell’operazione, dunque, ci sarebbe una diagnosi errata. «Gli stessi medici, quando me l’hanno riferito erano piuttosto scioccati», racconta Valentina
La sua odissea ha inizio una settimana fa, lunedì 6 marzo, quando la ragazza comincia ad avvertire una fitta «alla parte destra dell’addome, un dolore che si estendeva anche alla gamba». Tiene duro per giorni. Poi, giovedì, preoccupata, si reca al pronto soccorso dell’ospedale Santa Chiara. Viene sottoposta ai primi esami, tra cui un’ecografia. «Mi hanno mandato a casa — spiega — dicendomi che si trattava di una colica renale e che con tutta probabilità mi sarebbe passato nel giro di qualche giorno». Ma il dolore non se ne andava.
E sabato, giorno in cui era andata al lavoro, nel supermercato dove è responsabile di reparto si è ripresentato, ancora più forte. Così domenica Valentina Formolo è tornata in ospedale con un altro sintomo a preoccuparla, oltre al mal di pancia che continuava ad assillarla: «Avevo la febbre: 38 e mezzo e non accennava a smettere». A quel punto si comincia a prendere in considerazione il fatto che potesse trattarsi di un infezione. C’era già stata, del resto, un’avvisaglia: «Le analisi del sangue effettuate giovedì — spiega sempre Valentina Formolo — avevano evidenziato una presenza di globuli bianchi venti volte superiori rispetto alla norma: c’era il sospetto che qualcosa non andasse».
Domenica altri esami e la diagnosi di appendicite. Come da prassi è stata effettuata anche una visita ginecologica per esclude la possibilità di un problema al sistema riproduttivo superiore. Ed era proprio lì che si trovava il problema. «L’infezione alla fine c’era — prosegue la paziente — ma era localizzata nelle tube. Se n’è accorto sempre il chirurgo nel corso dell’intervento che, per questo motivo, si è prolungato di oltre un’ora rispetto a quanto previsto».
Valentina Formolo ha appreso il tutto una volta uscita da una sala operatoria. «In tutta questa vicenda — spiega — c’è un lato positivo: ora mi sento meglio perché mi è stato drenato il materiale accumulatosi durante l’infezione. Purtroppo si prolungherà anche il mio ricovero all’ospedale, rispetto ai due – tre giorni che erano stati preventivati». Su tutto il resto permangono dubbi che la 32enne vorrebbe fugare. «Da quello che ho capito — conclude — l’operazione si poteva evitare: l’infezione poteva essere curata con degli antibiotici. Gli stessi medici mi sono sembrati molto sorpresi dell’errore». E se da un lato si dice sollevata, anche perché il dolore è finalmente sparito, dall’altro «sono parecchio arrabbiata — riferisce — quello che vorrei innanzitutto capire è se sono stata vittima di un errore in buona fede, qualcosa che ogni tanto succede e non ci si può fare nulla o se invece si poteva essere più attenti e, magari, evitarmi un intervento chirurgico in anestesia totale. Ci potrebbero essere state due diagnosi sbagliate in una settimane, e questo faccio fatica ad accettarlo»