Il caso
giovedì 16 Marzo, 2023
di Redazione
Aveva solo bisogno di cure la piccola Giulia, nata prematura fra la trentaduesima e trentaquattresima settimana di gravidanza. Fragile, piccola, senza alcuna assistenza neanche quando era ancora nel ventre di sua madre, che non si era mai sottoposta a una visita ginecologica né tantomeno a terapie che avrebbero aiutato Giulia a sopravvivere. La piccola era stata fatta nascere in casa, in quella casa dove vivevano tutti insieme la madre Maria Giovanna Piredda, 29 anni, la sorella di Lei Rosa, e i genitori, Maria Giuseppa Urrazza e Francesco Piredda.
Tutti e quattro sono indagati per abbandono di minore, con conseguente morte della piccola a giugno scorso, a Burgos, nel sassarese. Una tragedia che lasciò attonita la Sardegna intera, perché morire di stenti e purtroppo di ignoranza, ancora oggi è una realtà che si fatica ad accettare. Giulia era stata fatta nascere in casa, niente ospedali, niente medici, forse per nascondere una gravidanza mai accettata dalla famiglia della donna. Furono loro a farla venire al mondo, a tagliare il cordone ombelicale e poi a lasciarla lì, senza cure e senza cibo, era troppo piccola per potersi alimentare da sola e avrebbe avuto bisogno di un soccorso immediato. Per sei giorni invece, la mamma, i nonni materni e la sorella della madre, che vivevano tutti nella stessa casa a Burgos, non hanno chiesto aiuto a specialisti. Né prima né dopo il parto. Giulia è così morta di inedia, a causa di uno stress respiratorio con ulcere e infiammazioni all’ombelico, come hanno potuto accertare gli esami medici.