La storia

domenica 5 Gennaio, 2025

Sass Pordoi, in pensione lo storico rifugista: “Mi manca, è un luogo unico al mondo”

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Maurizio Furlanis ha gestito 27 anni il rifugio Maria: "La visita di Pertini il ricordo più bello. La tragedia della Val Lasties, un ricordo vivo"

Per la prima volta, a fine dicembre, Maurizio Furlanis non è salito al Rifugio Maria al Sass Pordoi per cominciare la stagione invernale. Dopo 27 anni, è andato in pensione lo storico responsabile del rifugio (diurno) del luogo più iconico della Val di Fassa, se non di tutte le Dolomiti. Furlanis, 63 anni, originario di Pordenone ma da tempo in Fassa dove ha formato la sua famiglia con la moglie Biancarosa e il figlio Gianluca, ha visto milioni di persone raggiungere i 2950 metri del Sass Pordoi, tra cui tanti volti celebri. Per questo, una parete del rifugio è tappezzata di foto di personaggi noti (artisti, sportivi e politici) che hanno lasciato una loro immagine con dedica. «La foto più amata è quella del presidente Sandro Pertini – racconta Maurizio – che è stato al Maria negli anni Ottanta. Ne ho riprodotte diverse copie, perché molti turisti volevano portare a casa l’immagine come souvenir».
Nel tempo Furlanis ha notato anche come sono cambiati i frequentatori della località: «Una volta arrivavano al Sass Pordoi quasi esclusivamente italiani e tedeschi. Poi la clientela è diventata più variegata. Oggi c’è gente proveniente da tutto il mondo, in particolare asiatici, americani, australiani». Non solo, se una volta si raggiungeva il Sass Pordoi solo nei mesi estivi e invernali, da qualche anno, lassù arrivano persone tutto l’anno. «Rispetto al passato il turismo, per certi versi, è peggiorato, ma sta di fatto che sempre più turisti raggiungono questa meta. Per questo ho suggerito ai vertici della Sitc (la società d’impianti proprietaria della funivia che sale da Passo Pordoi fino in vetta e al rifugio), che ringrazio per tutti questi anni con loro, di tenere aperto dodici mesi, evitando anche la chiusura (sempre più ridotta) nei periodi di aprile e novembre».
Lo scorso ponte del primo novembre ha rappresentato l’ultima attività per Furlanis. «Complice il bel tempo siamo stati presi d’assalto dai visitatori. Tutto quel da fare mi ha impedito di riflettere troppo sulla fine del mio lavoro (anche se alla sera c’è stata una festa a sorpresa da parte di Sitc, collaboratori e amici) che ho fatto con passione, cercando di venire incontro alle esigenze degli ospiti e raccontando spesso la storia del posto e di Maria Piaz, visionaria imprenditrice del Pordoi, le particolarità della Val di Fassa e delle Dolomiti».
In questi anni al Sass Pordoi, Maurizio ha collezionato incontri e ricordi importanti. Ma quello che ancora oggi lo commuove fino alle lacrime è la tragedia del 26 dicembre 2009, quando in Val Lasties persero la vita Diego Perathoner (di Sitc), Alessandro Dantone, Luca Prinoth ed Erwin Riz durante un intervento del soccorso alpino. «Ho voluto appuntare quel che è accaduto in quel giorno terribile, per non perderne memoria. Sono partito dal 25 dicembre, caratterizzato anche a 3000 metri da una pioggia incessante (e allora era strano) che in nottata si era tramutata in neve. La mattina del 26 dicembre, c’erano sole e cielo terso, ma avevo fatto fatica a raggiungere il passo, perché le strade erano quasi impraticabili. Una volta al rifugio, con i colleghi avevamo spalato la terrazza dalla neve che era stratificata e rischiosa per chi si fosse avventurato con gli sci fuori pista: in alto era leggerissima, mentre più ci si avvicinava al pavimento della terrazza più diventava pesante, mentre sul fondo c’era l’acqua caduta 24 ore prima. Ricordo che mi avevano chiamato dagli impianti di Pian Frataces perché avevano visto partire un paio di sci alpinisti (probabilmente gli escursionisti friulani per cui in seguito sarebbe scattato il soccorso) e di fare caso se fossero arrivati al Sass Pordoi. La giornata poi era proseguita con tanti turisti al rifugio. Quel giorno, mi aveva telefonato anche Diego, per questioni di lavoro».
Nel pomeriggio Maurizio era rientrato a valle e, verso le 18, la richiesta di tornare a Passo Pordoi. «Arrivando al valico mi ero reso conto che si trattava di un’emergenza straordinaria: c’erano tantissimi uomini del soccorso alpino e delle forze dell’ordine con le unità cinofile. Siamo saliti in funivia al rifugio dove ho allestito una zona per accogliere i soccorritori che si erano salvati dalla seconda slavina. Poi la notizia, pesante come un macigno, dei quattro soccorritori che non ce l’avevano fatta, così come degli escursionisti travolti da una prima valanga. Siamo scesi a valle nello sconforto più totale. Sono passati quindici anni, ma ogni 26 dicembre, e non solo, riaffiora forte il ricordo».
Il Sass Pordoi è un luogo che entra sottopelle per molte ragioni e, ora, che Maurizio non ci sale più tutti i giorni gli manca. «Non ho nostalgia del lavoro, anche se queste prime settimane da pensionato sono strane perché devo trovare nuovi ritmi e dare concretezza a hobby e passioni personali. Mi manca, invece, il Sass Pordoi. Per me è stata una grande opportunità lavorare in un luogo unico al mondo, che insegna come tutto possa cambiare in fretta, quando le nuvole coprono in pochi minuti le cime, ma anche a guardare molto lontano».