La questione

martedì 9 Luglio, 2024

Scuola, i presidi aprono sulla carriera dei docenti: «Una questione urgente»

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La problematica colpisce in maniera particolare le discipline scientifiche

La complessità rappresenta e rappresenterà sempre di più in futuro, la chiave interpretativa della nostra realtà. In un mondo interconnesso, in cui le informazioni viaggiano a ritmi forsennati e non più a passo d’uomo, la scuola ha il difficile compito di fornire ai giovani gli strumenti per approcciarsi a questa realtà. Si tratta di un compito tanto nobile quanto delicato e che rischia oggi di appoggiarsi sulle spalle di un’esigua e stremata resistenza. Sì perché, tra i numerosi problemi che affliggono il sistema scolastico italiano ed europeo, non può passare inosservato quello dei numerosi abbandoni della professione da parte degli insegnanti, specialmente i più giovani che, tra salari bassi, precariato e prospettive di carriera pressoché nulle, finiscono per abbracciare altre professioni lasciando scoperte le cattedre. Si tratta di una problematica che colpisce in maniera particolare le discipline scientifiche, come confermano i presidi della Provincia autonoma di Trento. «Ci sono sicuramente delle difficoltà nel coprire le cattedre in ambiti tecnici come meccanica, informatica e meccatronica. In questi ambiti è necessario reclutare dei formatori che siano altamente qualificati dal punto di vista tecnico. Su questo bisognerà avviare una riflessione ampia per capire come coinvolgere queste professionalità all’interno delle istituzioni scolastiche», le parole di Giuseppe Rizza, dirigente scolastico dell’Istituto tecnico tecnologico Michelangelo Buonarroti di Trento. Maura Zini, presidente della sezione trentina dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici continua poi: «Tendenzialmente abbiamo una certa stabilità sulla scuola primaria, meno sulla scuola secondaria, specialmente nel settore matematico-scientifico». Sì perché la domanda che è necessario porsi per comprendere il problema è: per quale motivo un ingegnere dovrebbe scegliere la strada dell’insegnamento di fronte a offerte d’impiego meglio retribuite e socialmente riconosciute? Appoggiarsi sulla ancora viva passione dei docenti per la professione, stimolata dal lavoro in aula e dal contatto con i ragazzi, ad oggi non è più una strategia sostenibile. Sembra dunque non più rimandabile l’introduzione di una «carriera docenti». Per quanto riguarda la provincia, i tempi sembravano già maturi l’anno scorso, quando l’Assessore all’istruzione Mirko Bisesti aveva presentato un disegno di legge che prevedeva una carriera strutturata su tre livelli, che si è tuttavia arenata anche a seguito delle criticità messe in luce dai sindacati. In quell’occasione, come spiega Zini, un parere favorevole era giunto dai presidi trentini: «L’associazione aveva espresso parere favorevole, riconoscendo la necessità di valorizzare figure di sistema e di leadership intermedia con ruoli di coordinamento e supporto didattico. Una legge di questo genere avrebbe potuto, attraverso l’inserimento della figura del «docente-ricercatore» avvicinare il mondo della ricerca a quello della scuola e avrebbe valorizzato e riconosciuto figure che già operano all’interno delle scuole per il miglioramento della qualità dell’insegnamento, ma che ad oggi non sono giuridicamente e socialmente riconosciute».
Ora, al di là delle legittime perplessità espresse in quell’occasione a proposito dell’ambiguità dei criteri previsti per la valutazione degli insegnanti, è sempre più evidente la necessità di tornare a discutere, magari questa volta con un maggiore coinvolgimento dei diretti interessati, i docenti, di una riforma che renda la professione appetibile non solo a chi gode degli scatti d’anzianità, ma anche a giovani ben formati e motivati che si affacciano sul mondo dell’istruzione. Zini e Rizza danno mostra di una certa positività riguardo la riapertura di questo dialogo e confidano che la pratica ritorni presto sul tavolo della nuova Giunta e del nuovo assessore. La questione è urgente, perché spesso è proprio l’assenza di continuità a compromettere la qualità dell’insegnamento offerto agli studenti e alle studentesse. Cambiare l’insegnante ogni rende difficile strutturare progetti didattici spalmati su un lungo periodo e cuciti su misura per la classe. Ma si pensi soprattutto a figure che ricoprono ruoli particolarmente complessi, come gli insegnanti di sostegno, che a maggior ragione richiederebbero una continuità che spesso viene a mancare. «Notiamo che molti docenti iniziano con il sostegno per poi confluire verso altre classi di concorso appena possibile. Questo crea una mancanza di continuità, che sarebbe invece fondamentale per i ragazzi», fa sapere Zini.