La sentenza

giovedì 29 Giugno, 2023

Scuola, le suore affittano stanze agli studenti. E la Cassazione dà ragione al Comune di Trento: «Devono pagare l’Imu»

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La Corte ha accolto il ricorso dell'amministrazione comunale e rimandato il giudizio alla Corte di giustizia tributaria

Esenzioni Imu per gli enti non commerciali e, in particolare, per le scuole paritarie. La Corte di Cassazione sul punto è chiara: per beneficiare dell’esenzione dall’imposta «le attività didattiche devono essere svolte a titolo gratuito o dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio». Insomma, non ci deve essere attività economica, solo «attività peculiari che non siano produttive di reddito». Per il Comune di Trento non c’è storia: la Congregazione suore di carità delle sante Capitanio e Gerosa, che avevano sede in via Borsieri con l’Istituto Maria Bambina, devono pagare l’Ici per l’anno d’imposta 2011 e l’Imu per l’anno successivo sui locali destinati all’attività didattica. Le religiose avevano presentato ricorso contro i due avvisi di accertamento emessi dal Comune nel 2016 e nel 2017, per gli omessi versamenti, ma solo il secondo era stato accolto dalla Commissione tributaria di secondo grado di Trento. L’amministrazione comunale, di suo, è arrivata fino in Corte di Cassazione per far valere le sue ragioni. Gli ermellini — ordinanza di questi giorni — hanno sì accolto il ricorso, ma anche cassato la sentenza impugnata e rinviato il tutto alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che dovrà decidere anche sulle spese di giudizio. Il ragionamento della Commissione tributaria era il seguente: che cioè «era sufficiente che la retta (incassata dalla Congregazione ndr) coprisse una piccola frazione del costo medio per studente calcolato dal Ministero dell’Istruzione senza alcuna attinenza con il costo effettivo».

Invece, scrive la Suprema Corte civile, «soltanto all’esito di una specifica e concreta analisi del caso concreto si può affermare la natura non economica dell’attività, ma ciò non è stato indagato dalla commissione», la quale, scrivono ancora i giudici romani, «ammette di non conoscere quale fosse il costo effettivo del servizio offerto dalla Congregazione». Detto che, evidenziano gli ermellini, «è onere del contribuente fornire la prova dei presupposti dell’esenzione» all’imposta comunale sugli immobili. Per la Cassazione era necessario «verificare la gratuità delle attività o che gli eventuali importi simbolici versati dagli studenti fossero, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione». Ma, appunto, «tale ulteriore e puntuale accertamento di fatto non è stato svolto nella sentenza impugnata, che si è limitata a richiamare quale elemento di prova del rapporto retta-costi, i dati indicati dal decreto ministeriale 2012». Di qui l’ordinanza degli ermellini che, accolto il ricorso principale presentato dal Comune, hanno annullato la sentenza impugnata. Ora la palla torna alla Commissione tributaria di secondo grado.