La giostra
martedì 12 Settembre, 2023
di Maddalena Rosatti
Smartphone o dumbphone? Anche se la scelta prevalente continua a essere quella dello smartphone pare che tra la generazione Z, cioè la vostra, si stia diffondendo la voglia di «liberarsi» da questo strumento. Ma andiamo con ordine. Intanto chiariamo cosa si intende per dumbphone. Dumbphone letteralmente significa «telefono stupido» e così sono stati ribattezzati quei modelli di telefono «all’antica». Sostanzialmente sono i classici telefoni che servono per telefonare, mandare messaggi e poco altro e si oppongono quindi a quelli «intelligenti», gli smartphone, con internet, i social e le app. Sono però questi ultimi che tutti i ragazzini e le ragazzine sognano di avere! Ma siamo sicuri che siano proprio tutti? Secondo alcune ricerche infatti c’è un numero crescente di giovani (anche se non ancora alto) che tenta di liberasi dalla schiavitù della rete e dei social provando a utilizzare un dumbphone. Su TikTok, per esempio, spopola l’hashtag #bringbackfliphones e ci sono milioni di video che chiedono il ritorno dei «telefoni a conchiglia»; in un certo senso è come chiedere su Tik Tok di non usare più Tik Tok (visto che ovviamente Tik Tok sui telefoni a conchiglia non esiste). È paradossale, ma è anche espressione di una voglia, e forse anche un bisogno, di liberarsi da quella che per molti è diventata una vera e propria dipendenza. Sganciarsi dalla necessità di passare ore del proprio tempo a scrollare video, postare foto, ottenere like, controllare cosa fanno i propri amici, seguire i propri beniamini o influencer, immaginarsi le vite (apparentemente) perfette degli altri. Tutto questo a qualcuno comincia a stare stretto. Pensate che negli Stati Uniti, a New York, c’è un gruppo di giovani che ha proprio deciso di dichiarare guerra agli smartphone. Sono riuniti nello Luddite Club il cui nome deriva da Ned Ludd, un operaio inglese che alla fine del Settecento distrusse un telaio come segno di protesta contro l’introduzione della tecnologia nelle aziende. Il club è nato durante la pandemia grazie alla diciassettenne Logan Lane, studentessa di un liceo di Brooklyn. Logan aveva ricevuto il suo primo smartphone a 11 anni e fin da subito aveva iniziato a seguire gli influencer e gli amici e le amiche più popolari sui social; guardava e ammirava i loro outfit, le cose che facevano e il loro modo di vivere. A una certo punto le importava di più quello che postava rispetto a quello che viveva. Da una parte, capiva che tutto questo non le faceva bene ma dall’altra non riusciva a farne a meno. Successivamente passò così un periodo in cui postava sui suoi profili foto «brutte» che dovevano far credere a tutti che non le importava niente di ciò che condivideva. Invece non era così. Poi arrivò la pandemia quando i social sembravano un’ancora di salvezza per mantenere i rapporti con gli altri, ma spesso si trasformavano in una trappola che teneva incollati ore e ore davanti agli schermi. Proprio in questo periodo Logan chiese alla sua migliore amica di cambiarle la password di Instagram per non avere più accesso al profilo ed è così che è iniziata la sua piccola rivoluzione. È sparita dai social e ha sostituito lo smartphone con un telefono a conchiglia utilizzandolo come uno strumento utile ma non per l’intrattenimento. All’inizio non fu per niente facile liberarsi dai social: c’erano il vuoto e la noia. Poi Logan ha iniziato a leggere di più, a cucire e fare tante altre attività che non avrebbe immaginato. Un giorno, ad un concerto, conobbe un ragazzo che la pensava come lei e decisero di vedersi davanti alla Central Library di Brooklyn per cercare modi alternativi di passare il tempo. E così oggi i ragazzi del Luddite Club si trovano sui gradini di una scalinata semplicemente per stare insieme, chiacchierare, leggere, suonare e raccolgono introno a loro amici, sostenitori e curiosi. E voi cosa ne pensate? È possibile la vita senza social?