domenica 26 Gennaio, 2025
di Redazione
Mentre è vittima di una nuova ondata di attacchi sui social la senatrice Liliana Segre esprime tutto il suo pessimismo sul tema della memoria della Shoah.
Per lei c’è il rischio concretissimo, se non la certezza, che un giorno venga completamente dimenticata, «e sia ridotta ad una frase nei libri di storia».
Segre, tra gli ultimi sopravvissuti all’abominio di Auschwitz, affida il suo timore ad un’intervista con Marco Vigevani, presidente del comitato eventi del Memoriale della Shoah, che sarà online il 27 gennaio, giorno della Memoria, sul sito del Memoriale e su Corriere.it.
Segre immagina uno scenario distopico «come in 1984, libro di George Orwell in cui vengono riscritti i libri e tutte le generazioni sanno quello che il governo vuole che si sappia». «Io sono di natura pessimista – ha ammesso Segre – e questo certamente non aiuta in questo mio giudizio ma sono così sicura dentro di me che una volta spariti, e ormai manca poco, gli ultimissimi superstiti e quando sarà finita la generazione dei figli dei superstiti, e dei nipoti forse, man mano che il tempo passerà, sia per la questione di come è stato finora sia per le falsità che verranno dette, così come in 1984 di Orwell, che secondo me dovrebbe essere adottato nelle scuole, la Shoah sarà ridotta a una frase nei libri di storia».
Un’amara e disincantata conclusione «legata alla parola ‘indifferenza’» che lei ha voluto fosse apposta, enorme, all’ingresso del Memoriale realizzato nel binario sotterraneo della Stazione Centrale di Milano da cui partirono i vagoni piombati per i campi di concentramento.
La presa di posizione della senatrice arriva mentre prosegue imperterrita contro di lei, in vista della Giornata della Memoria, la valanga di attacchi sul web. Un’ondata di livore scatenata dalla messa in calendario in molte sale cinematografiche e in alcune istituzioni, come il Comune di Milano, della proiezione del documentario ‘Liliana’, diretto dal regista Ruggero Gabbai e dedicato alla vita della 94enne sopravvissuta ai campi di sterminio. Sotto un post pubblicato su Facebook dal cinema Raffaello di Modena con l’annuncio della messa in onda del docu-film – in cartellone dal 20 al 22 gennaio – sono comparsi diversi commenti, quasi 500, la maggior parte dei quali con offese, anche antisemite e considerazioni sgradevoli nei confronti della senatrice a vita alimentati, in particolare, dal conflitto in Medio Oriente che vede coinvolti Israele e la Palestina. L’annuncio della proiezione della pellicola, che avrebbe dovuto aprire alla riflessione, ha fatto da detonatore per parole al vetriolo. Come quelle tracciate da ignoti, la notte scorsa, su alcuni manifesti affissi dal Comune di Pordenone per promuovere la Giornata della Memoria e marchiati dalla scritta ‘Basta propaganda sionista, ebrei bugiardi’.
Alla senatrice meneghina da tempo oggetto di attacchi online – l’Ansa informa che proprio due giorni fa la Procura di Milano ha chiuso l’inchiesta nei confronti di dodici persone accusate di diffamazione e istigazione a delinquere per motivi di odio razziale nei suoi confronti via social e e-mail – era giunta, nelle scorse ore, la solidarietà dell’ex presidente dell’Emilia-Romagna, presidente e euro-parlamentare del Pd, Stefano Bonaccini (che su Facebook ha scritto «Insultando lei, insultate noi. Con te Liliana Segre, sempre. E grazie per aiutarci a coltivare la memoria»). «È venuto il momento di tracciare una linea netta da non oltrepassare, perché la situazione sta degenerando in maniera non più tollerabile», gli ha fatto eco Manuela Ghizzoni, presidente della Fondazione Fossoli.
Dal Trentino nei giorni scorsi sono arrivate parole di solidarietà da Pietro Patton, senatore del Gruppo per le Autonomie: «Massima vicinanza e solidarietà alla senatrice a vita Liliana Segre. È un’amarezza profonda sapere che per la valanga di insulti social cui è quotidianamente vittima, una delle ultime testimoni dei campi di concentramento rinunci a partecipare alle manifestazioni del Giorno della Memoria». «È la cifra -ha rilanciato Patton – del pericolo che stiamo correndo, del crescente clima antisemita che speravamo appartenere solo ai libri di storia»