i dati
domenica 14 Luglio, 2024
di Davide Orsato
Ribaltare il motto del ‘68. «Vietato vietare» diventa «Proibire? Funziona», almeno per quanto riguarda il fumo. Mario Cristofolini era presidente del Consiglio provinciale (con la «vecchia» Margherita) quando venne varato un ordine del giorno che vietava il fumo dai locali pubblici. «Ora è qualcosa di scontato — fa sapere — ma all’epoca la legge Sirchia non esisteva ancora». Ora il decano dei dermatologi trentini, presidente provinciale della Lilt, la lega italiana per la lotta ai tumori, si aggiunge a chi auspica un «ricorso all’autonomia per fermare quella che è la prima causa di morte completamente prevenibile». Cioè le malattie associate al consumo di tabacco. A partire dai tumori ai polmoni.
I dati del Registro tumori provinciale parlano, a livello provinciale, di 282 nuove diagnosi all’anno, 183 tra gli uomini (è il secondo tumore più diffuso, dopo quello che colpisce la prostata) e 99 nelle donne (è il terzo, dopo quello alla mammella e quello al colon retto). Numeri ancora altissimi. E si fa strada l’idea di intervenire con la legislazione locale. Non è un’ipotesi così peregrina. Quasi certamente, la settimana prossima, l’argomento sarà menzionato nel «discorso del Re», letto dal sovrano del Regno Unito, Carlo III, ma programmatico del nuovo governo laburista.
E all’interno potrebbe essere menzionato l’intenzione di instaurare il divieto di fumo assoluto ai nati dopo il 2009. A chiedere di «intervenire con nuove idee, sfruttando l’autonomia», su queste stesse pagine è stato anche Alessandro Quattrone, professore ordinario di Patologia all’università di Trento.
Quattrone ha motivato il tutto con una serie di dati: «Il fumo è la causa diretta di un tumore su quattro, toglie in media 14 anni di vita a chi lo pratica, causando la morte, in Italia, di 93 mila persone all’anno, con un costo alla collettività di 26 miliardi di euro: una finanziaria». Sulla stessa linea Cristofolini: «È una vergogna che in Trentino si fumi così tanto e che lo facciano, soprattutto persone che dovrebbero educare, a cominciare dai medici: nel loro caso servirebbe una sanzione professionale. Vietare serve e se non si può intervenire su divieti assoluti si aumentino le accise, anche sulle sigarette elettroniche».
Intanto la Lilt porta avanti gli impegni di sensibilizzazione sul tema che la caratterizzano da anni. «Anche quest’anno — fa sapere Cristofolini — abbiamo proseguito con la pubblicazione di materiale informativo, cartaceo e online proprio per spiegare quali rischi comporta il fumo. Abbiamo fatto attività in 23 scuole, con una formazione specifica dedicata anche agli insegnanti. Continua, inoltre, la nostra proposta di percorsi individuali dedicati a quanti voglono smettere di fumare: proposta che prevede una terapia motivazionale, psicologica, che non prevede ricorso ai farmaci».