In tribunale
martedì 11 Marzo, 2025
Serata con una 13enne: il patrigno e gli amici lo picchiano. Il tribunale lo assolve: «Nessuno stupro»
di Benedetta Centin
Il 50enne a processo con altri quattro avrebbe teso una trappola all’operaio: calci e pugni in strada e in un bar. E minacce di ridurlo in sedia a rotelle

Lui, operaio della Val di Non, lo aveva ribadito più volte che quella ragazzina tredicenne che aveva ospitato una sera a casa, per una festa, assieme ad altra gente, non l’aveva mai toccata. Lo aveva giurato che non c’era stato alcun rapporto intimo tra loro, nessuna violenza.
Nessuno stupro. Solo qualche bicchiere di alcol di troppo in compagnia. E infatti il giudice di Trento, davanti a cui l’uomo era finito a processo, anche in base a quanto emerso dagli accertamenti medici sulla minore, era stato poi assolto. Con formula piena. Ma un anno e mezza prima di questa sentenza, prima di essere scagionato dal giudice – il pronunciamento è di gennaio 2020 — l’operaio sarebbe stato picchiato, minacciato e insultato pesantemente dal patrigno della ragazza e da altri quattro uomini che gli avrebbero teso una trappola.
«Ci penso io a lui»
Patrigno che appunto non era per nulla convinto dell’innocenza del ragazzo di circa dieci anni più vecchio della sua figlia acquisita. E infatti, da quanto emerso, lo aveva anche lasciato intendere ai carabinieri che si sarebbe fatto giustizia da sé: «Ci devo pensare io a lui…» si era lasciato scappare. E così il patrigno avrebbe fatto. Usando la violenza, mandando in ospedale il giovane che aveva avrebbe anche etichettato come «pedofilo» nel corso del concitato episodio avvenuto dentro e fuori un bar. Non senza minacce di fargli davvero male, di renderlo invalido: «Ti riduco in sedia a rotelle» sarebbero state le intimidazioni. Un’aggressione, questa, avvenuta nell’estate del 2018, che ha comportato dodici giorni di prognosi all’operaio finito al pronto soccorso di Cles. Un episodio per il quale ora il patrigno cinquantenne si trova a processo, e da solo visto che i complici non sono stati identificati. Deve difendersi dall’accusa di lesioni aggravate. Una contestazione che però lui respinge con forza. Assistito dall’avvocato Massimi Stringini, avrà modo di chiarire la sua posizione nel corso del dibattimento. Ieri mattina si è tenuta l’udienza predibattimentale davanti al tribunale monocratico e la vittima ha chiesto di costituirsi parte civile con l’avvocato Gabrio Stenico, sollecitando un risarcimento di diecimila euro, non solo per contusioni, traumi ed ematomi rimediati con l’aggressione di gruppo, ma anche per l’ansia e la paura subentrati, proprio per le inquietanti modalità con cui il quintetto aveva agito, per la violenza e la recrudescenza dimostrate. Senza contare il fatto che la sua persona era stata screditata in pubblico, in ragione del tenore delle offese pronunciate.
La spedizione punitiva
Da quanto ricostruito il patrigno e i suoi complici avrebbero teso un tranello all’operaio. Avrebbero usato infatti l’utenza telefonica della minorenne per chiedergli un incontro chiarificatore. Ma a quell’appuntamento dell’adolescente non c’era traccia. Solo di cinque uomini che non avevano affatto voglia di parlare, di chiarire. Un’autentica spedizione punitiva. Il gruppo gli ha infatti scaricato addosso una raffica di schiaffi, di calci e pugni. Per strada, anche quando era finito a terra, e in un bar dove lo avrebbero rincorso per continuare ad infierire su di lui. Allora era stato il titolare del locale a chiamare i carabinieri che di lì a poco erano intervenuti e avevano fermato il patrigno. Che è stato così indagato per lesioni. Fatti per cui si trova a processo ora, ben sette anni dopo. Quanto all’operaio, quella sera era finito in pronto soccorso, rimediando una prognosi iniziale di sette giorni, poi saliti a dodici.