Scuola
giovedì 2 Febbraio, 2023
di Maddalena Di Tolla Deflorian
Scuole e asili, sistema 0-6: Asif G.B. Chimelli ci crede: con un ente intermedio di misura calibrata sulla realtà territoriale, si riescono a garantire servizi educativi di qualità, in un percorso unitario. La dirigente Francesca Parolari racconta come a Pergine si è realizzato un esempio, che potrebbe diventare modello a livello provinciale, almeno per i comuni più grossi.
Nel 2023 sono iscritti nelle scuole dell’infanzia e asili di Asif Chimelli 359 tra bimbe e bimbi. «Nel 2019-2020 erano 415, abbiamo perso circa un quinto dei bambini – rileva Parolari – oggi nel comune abbiamo 170 nati, erano 280 alcuni anni fa. Di conseguenza, in generale ci troveremo anche scuole sovradimensionate: questo è un tema». A Pergine ci sono due asili nido a gestione diretta e due appaltati a una cooperativa, per un totale di 156 posti-nido (meno della metà dei posti rispetto alle scuole infanzia). Il nuovo nido che sarà costruito in via Petri riporterà in equilibrio i numeri, nell’ottica di un servizio universale che parta dal nido.
In Asif lavorano per l’infanzia 50 insegnanti e 22 ausiliari; al nido 20 educatrici, 7 ausiliarie, più personale alle Politiche giovanili e 9 persone nell’amministrativo. Le strutture sono GB1 e GB2 a Pergine, più quella a Roncogno. Altre 4 strutture, nelle frazioni di Madrano, Ischia, Serso, Susà, sono a gestione privata, convenzionate con Asif.
Come nasce questa realtà particolare di ente intermedio?
«Le scuole infanzia di Pergine, storicamente, son sempre state le equiparate fra le più grandi in Trentino: atipiche, perché pubbliche. Il tipo di organizzazione a un certo punto non era conforme all’ ordinamento; abbiamo iniziato a studiare come adeguarci. Nel frattempo la legge istituiva delle Comunità di Valle aveva modificato l’articolo sui servizi pubblici locali, permettendo alle aziende speciali di gestire anche servizi non remunerativi, come quelli sociali. Questo rese possibile avere un ente indipendente, con personalità giuridica propria, mantenendo la gestione nella comunità. Nel settembre 2009 nasce Asif, riassorbendo le scuole Chimelli e il personale, con in più dipendenti transitati dal comune».
Cosa vi caratterizza e potrebbe diventare un modello in tempi di calo demografico, aumento dei costi e riduzione delle risorse?
«La nostra ricchezza è un servizio territoriale calibrato, specializzato, con investimento nella qualità pedagogica ed educativa, e sottostante struttura tecnica. Essenziale è il coordinamento pedagogico. Noi abbiamo una coordinatrice pedagogica dedicata “dentro” i servizi. In altre equiparate e provinciali, il coordinatore spesso è costretto a dedicare molte risorse alla parte burocratica. Il modello potrebbe vedere i comuni adottare atti d’indirizzo e programmi, con una struttura tecnica locale, che gestisca i servizi 0-6 in modo uniforme».
Su quali elementi si basa la vostra azione educativa?
«Alla base c’è l’idea che non si può separare educazione e cura. La scuola dell’infanzia non è trasmissiva di conoscenze, i bimbi, anche nel gioco, maturano capacità relazionali, acquisiscono prerequisiti per poter apprendere bene».
Che ruolo hanno le famiglie?
«Oggi le famiglie non vogliono, non devono entrare nelle gestione amministrativa. Devono invece portare il loro contributo di pensiero, aiutando a elaborare proposte educative coerenti. Nelle scuole dell’infanzia c’è il comitato di gestione, composto da genitori eletti, personale della scuola, rappresentanti del comune, organo nato negli anni Settanta, con compiti amministrativi fuori del tempo».
Aperture di luglio, servizio educativo e di conciliazione: come comporre i bisogni essenziali, con mercato e diritto del lavoro?
«Come nel servizio sanitario, la programmazione è stata sbagliata. Ci troviamo a dover assumere persone senza titoli o esperienza o a non trovare personale. Il problema dell’estate c’è, però noi, ad esempio, accorpando due scuole, abbiamo potuto garantire il servizio. L’accorpamento però dipende dalla dimensione dell’ente e della struttura. Nello 0-6 abbiamo poi titoli di studio difformi, servirebbe una nuova facoltà universitaria, con un percorso adeguato, magari a Pergine. Qui potremmo offrire tirocini direttamente nell’ente di gestione. Per ricomporre le diverse attrattività e modalità di stipendio e contratti, serve un corretto lavoro di contrattazione. Servono più soldi, serve un investimento della Provincia nei servizi educativi. I gestori portino idee, si mettano in discussione, per rendere sostenibili i servizi. Il ddl Masè è una terza legge, si somma alle due esistenti (Nido-2002, Infanzia-1977): servirebbe una norma unitaria. La Provincia ha competenza primaria assoluta su nidi e infanzia, ricordiamolo.
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