economia
sabato 6 Gennaio, 2024
di Tommaso Di Giannantonio
Addette alle pulizie, alla mensa, al portierato, addetti alla vigilanza armata e non armata, bibliotecari, educatori museali e operai addetti alla logistica. In Trentino si stimano almeno diecimila lavoratrici e lavoratori in appalto: cinquemila nel pubblico e cinquemila nel privato. Sono prevalentemente donne. Ogni giorno assicurano servizi di cui non si può fare a meno, ma che spesso scorrono davanti ai nostri occhi sotto la lente dell’indifferenza. Servizi che il pubblico (dalla Provincia ai Comuni) e il privato (in particolare l’industria) decidono di esternalizzare, cioè di appaltare ad aziende o cooperative esterne. E la regola principe dell’appalto è quasi sempre la stessa: vince chi fa l’offerta più economica. Negli ultimi anni le battaglie sindacali hanno strappato maggiori garanzie, ma «i margini di miglioramento sono ancora ampi: dal contratto provinciale multiservizi al nuovo codice degli appalti, fino alla contrattazione inclusiva», spiega Paola Bassetti, segretaria generale della Filcams Cgil del Trentino, la categoria del terziario.
La battaglia del 2019
La vita delle lavoratrici e dei lavoratori esternalizzati è scandita dai cambi di appalto. «La battaglia degli appalti è una battaglia permanente per la dignità e per il riconoscimento politico e sociale di un settore dimenticato. Un settore — sottolinea Bassetti — nel quale la povertà è di fatto istituzionalizzata nei bandi di gara che impongono alle lavoratrici part-time involontari, nelle pulizie come nella ristorazione, con retribuzioni da fame. Di fatto si offre povertà. Perché se nel bando di gara gli enti pubblici prevedono contratti da 8-10 ore settimanali (le 20 ore sono un miraggio) è evidente che si condannano i lavoratori alla povertà».
Lo si è visto nell’estate del 2019 quando ci sono stati una serie di cambi d’appalto: quello del portierato dell’ateneo ha visto il taglio di 300 euro dalla busta paga, quello delle pulizie del Comune di Trento prevedeva il dimezzamento della base d’asta e infine il maxi appalto delle pulizie della Provincia contemplava ribassi fino al 43%. Gli ultimi due bandi, poi, sono stati revocati a seguito delle proteste. E nello stesso annosi è arrivati a una legge provinciale che rafforza la clausola sociale negli appalti pubblici. «Una clausola che prevede il mantenimento, non solo dei posti di lavoro, ma anche delle retribuzioni», spiega la sindacalista.
Il nuovo codice degli appalti
Il Trentino si è dotato di una legge «all’avanguardia», ma oggi rischia di rimanere indietro perché il nuovo codice degli appalti si spinge oltre. Facciamo un esempio. «Chi vince l’appalto delle biblioteche ha come riferimento il contratto di Federculture. Per legge — specifica Bassetti — l’azienda non può essere obbligata ad applicare questo contratto, ma è obbligata a garantire le stesse condizioni economiche. Il problema è che nessuno controlla». Un vuoto che ora è stato colmato. «Il nuovo codice degli appalti prevede l’obbligo, in fase di gara, di comunicare quale contratto si intende applicare e come si intende garantire lo stesso trattamento economico», spiega la sindacalista. In termini tecnici si chiama «sistema delle equivalenze». «Ma la Provincia sta facendo muro di fronte a questa novità. Perché? Perché responsabilizza la stazione appaltante, che ha il compito di controllare — sostiene Bassetti — Questo è il tassello mancante nel pubblico».
La contrattazione inclusiva
Passiamo al privato. «In questo settore stiamo promuovendo la contrattazione inclusiva. Cosa significa? Che il contratto integrativo aziendale deve includere anche i lavoratori in appalto, in particolare gli operai della logistica». In sostanza l’addetto che guida il muletto dovrebbe beneficiare degli stessi premi riservati ai dipendenti diretti. «I lavoratori esternalizzati contribuiscono alla produttività dell’azienda: sotto lo stesso tetto devono esserci gli stessi diritti».
Contratto multiservizi
Tra i principali fronti aperti c’è infine quello del contratto. Il sindacato vorrebbe dare vita a un contratto provinciale del multiservizi. La piattaforma è ambiziosa. Tra le principali proposte: un salario territoriale, composto da un premio di produzione e un’indennità territoriale; la maggiorazione domenicale; misure per la formazione e la conciliazione vita-lavoro. «Aumentando leggermente il costo del lavoro si scoraggiano le aziende farabutte — conclude Bassetti — Si ha un doppio vantaggio: sia per le aziende sia per i lavoratori».