Crisi climatica

mercoledì 8 Marzo, 2023

Siccità e innevamento, il Trentino nel mirino di Legambiente

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In regione record di bacini idrici artificiali, 59. L'associazione: «L'innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, fa male all’ambiente ed è uno sperpero di soldi pubblici»

Marzo porta con sé l’appuntamento annuale con la pubblicazione del dossier «Nevediversa» di Legambiente, giunto alla sua sesta edizione e presentato ieri a Torino durante l’omonimo evento incentrato sul turismo invernale nell’era della crisi climatica: «In Italia è sos neve: sempre più rara e sempre più costosa». Il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, con effetti amplificati nelle aree montane. In 22 località sciistiche italiane la temperatura media è aumentata di più di 3 °C rispetto agli anni Sessanta. Non solo: il 2022 è stato anche l’anno con la maggior perdita glaciale di sempre, avvenuta a un ritmo di 4-6 metri l’anno alla quota di tremila metri. Alla rapida fusione della neve si somma l’assenza di precipitazioni, come dimostrano le stazioni nivologiche alle alte quote che misurano, per il secondo anno di fila, valori molto inferiori alla media. «Possiamo solo dire che lo sapevamo – commenta Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana –. Oggi ci troviamo esattamente dove avevamo previsto un secolo fa», ovvero quando si è iniziato a parlare di surriscaldamento globale. «Negli anni Novanta era ancora difficile far capire alle persone cosa sarebbe successo, perché si vedeva solo nei dati – ha detto l’esperto –. Oggi invece lo avvertiamo sulla nostra pelle».
Per abbattere gli effetti negativi della crisi climatica sul turismo invernale, l’Italia ricorre sempre più all’innevamento artificiale: siamo tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente, seguiti da Austria (70%) e Svizzera (50%). Il tema della neve artificiale viene declinato nei suoi costi economici (aumentati, anche a causa della crisi energetica, a 3-7 euro al metro cubo) e ambientali, visto che, in media, per produrre due metri cubi di neve è necessario un metro cubo di acqua. I bacini idrici artificiali sono stati censiti nel dossier grazie a immagini satellitari: in Italia sono 142 per una superficie totale di 1.037.377 metri quadrati. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, numero molto superiore ai secondi e terzi in classifica: la Lombardia (17) e il Piemonte (16). In totale in Italia sono 142. Legambiente condanna nettamente l’utilizzo dell’innevamento artificiale perché «non è una pratica sostenibile, fa male all’ambiente ed è uno sperpero di soldi pubblici». In «Nevediversa» si trova poi l’annuale censimento degli impianti sul territorio nazionale, divisi in categorie. Sono 249 gli impianti dismessi (in aumento rispetto al 2022), 138 quelli temporaneamente chiusi, 84 quelli che rientrano nella categoria «un po’ aperti un po’ chiusi» e ben 181 quelli ritenuti casi di accanimento terapeutico, che sopravvivono solo grazie a iniezioni di denaro pubblico. Tra questi c’è il comprensorio sciistico di Bolbeno, nel Comune di Borgo Lares. Un altro punto cruciale nel report sono le Olimpiadi invernali del 2026, le cui «procedure accelerate» per la costruzione di infrastrutture sono viste come rischio di imprecise valutazioni degli impatti ambientali. «Nevediversa» racconta però anche una settantina di «storie di giovani e meno giovani che hanno deciso di puntare in Alpi e Appennini su sostenibilità e senso di comunità». Agli esempi si collegano i successivi interventi di adattamento delle comunità montane alle nuove condizioni climatiche, riflettendo sul ruolo delle istituzioni nel «viaggio tra il non più e il non ancora della montagna» e sulla transizione economica e sociale necessaria, oggetto di ricerca del progetto interregionale «Beyond snow», guidato da Andrea Omizzolo di Eurac che vede Legambiente come partner. «Di 3.537 Comuni montani, solo 288 sono interessati dall’industria dello sci alpino, si tratta di grandi numeri ma molto concentrati», spiega Maurizio Dematteis, direttore di «Dislivelli», raccontando i risultati di più di due anni di indagine e individuando in un turismo più dolce, lento e diffuso, il punto di arrivo di questo processo di adattamento. Il ruolo chiave rivestito dalle amministrazioni nel guidare il cambiamento, ha introdotto la seconda parte della mattinata, costituita da una tavola rotonda di rappresentanti delle istituzioni e operatori del turismo di montagna. Dalla discussione è emersa la raccomandazione a non ricadere in semplificazioni proponendo una «ricetta unica per affrontare i problemi della montagna», ma di tenere conto delle specificità territoriali e locali, oltre che una consapevolezza generalizzata della necessità di una transizione che richiederà lavoro, dialogo e fondi.