Il dramma di Pergine

domenica 2 Aprile, 2023

«Silenzio e quell’odore di morte oltre il muro: così ho chiesto aiuto per Franca e Filomena»

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Il racconto della vicina che venerdì ha allertato i soccorsi per mamma e figlia decedute in casa

Nessuna richiesta di aiuto, nessun urlo disperato per attirare l’attenzione in quel palazzo di Pergine Valsugana dove viveva da una trentina di anni. Nessun tipo di segnale alcuno per farsi soccorrere.

Quello che ormai era inutile per la figlia. «Solo un prolungato silenzio e quel terribile odore che ogni giorno diventava sempre più intenso e saliva in alto» raccontano i vicini. Filomena Antonacci, 82 anni, costretta a letto, non sarebbe stata in grado di farsi sentire oltre la sua camera, lì dove è sopravvissuta per meno di una decina di giorni (così almeno ipotizza il medico legale), incapace di muoversi dal letto, senza bere e mangiare, senza assistenza e senza le sue «preziose» medicine. Impotente davanti all’impietosa scena del corpo senza vita della figlia Franca Bernabè, 55 anni, che sarebbe stata stroncata (verso metà marzo se non qualche giorno prima) da un malore improvviso, da un probabile infarto che l’ha fatta crollare sul pavimento, in posizione prona, all’ingresso della stanza. Ad appena due tre metri dall’anziana madre allettata di cui si occupava e che ha visto il corpo di quella sua creatura trasformarsi, disfarsi progressivamente.

Quando la pensionata ha tentato di spostarsi, di uscire dal letto, avrebbe solo finito per accasciarsi a terra, portandosi dietro delle coperte. Morendo a sua volta. Di stenti. Questa almeno è la straziante scena a cui si sono trovati davanti i soccorritori venerdì pomeriggio, dopo l’allarme lanciato da un’altra inquilina del condominio Itea di via Petrarca 68. «Venite, c’è un forte odore di putrefazione che proviene da un appartamento del terzo piano, interno 23» le parole di Giovanna Scartezzini al numero di emergenza 112.

La porta era chiusa a chiave da dentro, e c’era tanto di chiavistello ad impedirne l’accesso. I vigili del fuoco di Pergine sono entrati dal terrazzo, approfittando di una tapparella sollevata. L’aria è risultata fin da subito irrespirabile. Tra le stanze un olezzo nauseabondo da togliere il fiato. Il corpo della più giovane era già in avanzato stato di decomposizione. Ad intervenire anche la polizia locale Alta Valsugana e i carabinieri della compagnia di Borgo Valsugana che hanno poi inoltrato una articolata relazione al pubblico ministero di turno Maria Colpani. Che non ha aperto alcun fascicolo né disposto autopsia. Nessun reato può essere ravvisato e gli accertamenti medici eseguiti hanno stabilito che si è trattato di morte naturale. Sui corpi non c’era infatti segno di violenza. Solo – si fa per dire – un doppio dramma della solitudine. E dell’indifferenza.

La disperazione della vicina
La dirimpettaia che due giorni fa ha dato l’allarme non riesce a darsi pace. Ammette di non aver chiuso occhio e si strugge a pensare a quanto accaduto. «Da venti, venticinque giorni circa non sentivo più alcun rumore oltre il muro, eppure mamma e figlia parlavano sempre ad alta voce visto che la più anziana aveva problemi di udito» spiega Giovanna Scartezzini. «Da settimane c’era solo silenzio. Prolungato. Non c’è stato più nemmeno il tossire di Filomena che avvertivo in modo distinto dalla mia camera che confina con la sua. E non un urlo, una richiesta di aiuto da parte sua. Penso non sia stata in grado…».

Eppure i sospetti da parte dei residenti c’erano, e aumentavano di giorno in giorno, come quell’odore che proveniva dall’appartamento e che saliva ai piani superiori e che aveva portato anche qualche condomino – chissà perché – a pulire l’ascensore con la candeggina. Scartezzini, l’unica che finalmente ha dato l’allarme, spiega anche perché abbia atteso giorni. «Nel palazzo si diceva che Filomena era stata portata in ricovero e la figlia in un’altra struttura». A convincere la donna, alla fine, è stato il suo cane Flash, pastore della Lessinia e del Lagorai dal manto nero.

«Ogni qual volta che uscivo di casa – riferisce la padrona – Flash si piazzava davanti alla porta delle vicine, annusandola, o sul muro del loro appartamento o comunque mi tirava in quella direzione. Mugugnava, piangeva, abbaiava, mi saltava addosso come se volesse dirmi qualcosa o che facessi qualcosa. Evidentemente, con il suo fiuto, aveva capito tutto…».

E ora che è di dominio pubblico cosa fosse accaduto oltre quella porta, la dirimpettaia punta il dito sulle istituzioni: «Avrebbero potuto mandare qualcuno per le due donne e non lasciarle nel degrado. Le hanno stremate con i pagamenti a cui non riuscivano a far fronte. Filomena mi aveva confessato di non essere in grado di pagare le spese Itea con la sua pensione ed era molto preoccupata: confidava in una rateizzazione». Anche la figlia Franca, disoccupata, un’esistenza difficile, si lasciava andare allo sconforto. «La vita è dura, la vita è dura – la si sentiva dire al telefono – Mamma? Dorme sempre». Conviveva con la pensionata da oltre sei anni, dopo che la sorella Ida era morta. Un lutto che le aveva ulteriormente isolate dal mondo. «Difficile che mettessero il naso fuori casa: si facevano consegnare la spesa a domicilio, la più giovane spesso la pizza a cena. L’anziana si muoveva ormai solo in casa, con il girello, la figlia, sempre con quell’aspetto molto trasandato, se necessario usava il taxi» racconta un’altra vicina. «Non le vedevo da mesi, facevano di tutto per non incontrare nessuno, si nascondevano, erano isolate» spiega un altro pensionato che vive nel palazzo.

Solitudine e degrado
Chi era riuscito a varcare la porta di casa loro racconta di muri anneriti e di una situazione igienico sanitaria precaria, di degrado. Ma, a quanto pare, madre e figlia non avrebbero accettato di buon grado gli aiuti dall’esterno, opponendo resistenza ai servizi sociali. L’ultima visita risale al 6 marzo. Qualche giorno prima, a fine febbraio, a entrare nel loro appartamento era stata anche la polizia locale, per un sopralluogo assieme all’amministratore di condominio, dovuto a una perdita di acqua che interessava anche i piani sottostanti. Dopo quella visita era scattata una segnalazione ai servizi sociali della Comunità di Valle. Ma su mamma e figlia era calato di nuovo il silenzio. Questa volta quello della morte. E dell’indifferenza.