tennis
giovedì 16 Novembre, 2023
di Francesco Barana
Il peso delle parole. «Sinner straordinario contro Djokovic? In realtà per lui sta diventando ordinario battere i più forti, perché il ragazzo ormai è entrato in quella ristretta cerchia di fenomeni del tennis». Il ragionamento è di Paolo Bertolucci, campione negli anni 70, oggi apprezzata voce delle telecronache tennistiche di Sky. Braccio d’Oro, così era chiamato Bertolucci quando vinceva la Coppa Davis con Panatta a Santiago del Cile nel 1976, sta seguendo le Atp Finals di Torino dalla cabina Sky del Pala Alpitour e all’indomani dell’affermazione di Jannik Sinner contro il numero uno del mondo, scruta il dettaglio e scandaglia il particolare.
Bertolucci, ora possiamo definire Sinner un fuoriclasse?
«È ormai a un millimetro dall’esserlo. Sinner non può più sorprenderci. Recentemente ha battuto Alcaraz, due volte Medvedev e ora Djokovic, cioè i primi tre del mondo. Significa che li vale. Sinner è il numero 4 del ranking, ma nel 2024 si avvicinerà e scalerà ancora posizioni».
Si sbilancia volentieri…
«Sinner anticipa sempre tutti. In campo anticipa i colpi, ma sta bruciando anche le tappe del suo percorso di crescita. Ha appena 22 anni ed è già tra i più forti. Nella prossima stagione raccoglierà ancor di più i frutti del lavoro fatto in questi anni e potremo già trarre su di lui un primo bilancio».
Quali frutti?
«Arrivare costantemente in semifinale negli Slam e giocarsi fino in fondo i Master 1000. Quindi avvicinarsi e insidiare il numero uno del mondo».
È già nella ristretta cerchia dei fenomeni, dice lei, ma l’impressione è che non lo abbiamo ancora visto nella sua versione migliore…
«A 22 anni può migliorare per forza. Piccoli dettagli, magari qualcosa sulle volée, con Djokovic ne ha sbagliate un paio, e sulle smorzate, a un certo punto contro il serbo se le è dimenticate, eppure le sa fare. Il resto lo fa l’esperienza, e vittorie come quella di ieri sera (martedì, ndr) ti danno un bagaglio di maturità non indifferente. Infine, va completato lo sviluppo muscolare e atletico, dalla prossima stagione mi aspetto un Sinner che sappia resistere sui cinque set di uno Slam».
Il servizio di Sinner è decisamente cresciuto. Scatto mentale o il gesto tecnico è più pulito?
«Serve diversamente rispetto a qualche tempo fa. È diversa la roteazione del busto, ha migliorato il lancio di palla e ha rafforzato l’esplosività degli arti inferiori. Questo gli permette, se non gli entra la prima, di avere anche una seconda palla robusta».
Lo hanno paragonato a Murray, poi Agassi, ieri hanno scritto che gioca alla Djokovic. Non è il momento di darci un taglio e dire che Sinner gioca «alla Sinner»?
«È vero, Sinner ormai è un brand tennistico specifico. Lui impone un pressing da fondo campo che non ha eguali oggi, ma che non si è nemmeno mai visto prima. Tira forte e quasi sempre sulle righe e la percentuale di errori è minima».
Il paradosso è che a Torino sta incantando, eppure per qualificarsi stasera (ore 21 diretta Raidue e Sky Uno) deve battere anche Rune (o perdere in tre set se Djokovic con Hurkacz non vince in due)…
«Le Atp Finals hanno una formula strana con questi gironi. Va bene per il pubblico, che si vede almeno tre volte in campo i più forti, ma i tennisti sono sempre sulle spine. Gli esami non finiscono mai».
Cosa ci stanno suggerendo queste Atp Finals?
«Che Sinner può arrivare in fondo. E che il campo è troppo veloce e nelle prossime edizioni suggerirei di rallentarlo per favorire il gioco e gli scambi. Con questa superficie attenzione a Zverev, gran servitore, che con il servizio ha bombardato Alcaraz».
Intanto in Italia è Sinnermania. Abbiamo un nuovo campione-icona dopo Adriano Panatta, Alberto Tomba, Valentino Rossi e Federica Pellegrini?
«Direi di sì e per accorgersene basta farsi un giro qui a Torino, dentro e fuori dal Pala Alpitour. O analizzare il boom di ascolti tv del match con Djokovic. Sinner appassiona anche chi non ha mai seguito il tennis, come accadeva con Adriano e con Tomba nello sci».
Eppure, prendendo in prestito un’allegoria a lei cara, se adesso il carro di Sinner è pieno, va riconosciuto che lei in passato ha sempre difeso il ragazzo anche dalle critiche.
«Il carro in Italia fa presto a riempirsi o svuotarsi, a seconda di come vanno le cose. Su Sinner non ho mai cambiato idea perché che fosse fortissimo lo si era capito immediatamente. Serviva solo pazienza. Per esempio, non era immediato irrobustirlo fisicamente senza fargli perdere esplosività, un’armonia non semplice che necessitava fisiologicamente di un certo periodo di tempo. Percorso, peraltro, che non è ancora finito».