Tennis
martedì 15 Agosto, 2023
di Francesco Barana
Un cerchio si è chiuso. In attesa, ca va sans dire, di aprirne molti altri. Jannik Sinner si gode il trionfo dell’Open di Toronto di domenica notte, ottavo titolo Atp in carriera e suo primo Masters 1000 dopo i sei titoli 250 e il 500 di Washington (è il secondo italiano della storia a vincere un 1000 dopo Fognini a Montecarlo; ma Pietrangeli, Panatta e Bertolucci hanno vinto tornei di uguale caratura all’epoca classificati diversamente). Un’affermazione che lo consacra e segna uno spartiacque tra il prima e il dopo nella giovane carriera di Sinner, che domani compie 22 anni ed è già a Cincinnati, dove questa settimana disputa l’ultimo 1000 prima degli Us Open.
Ma il Rosso sa che l’altra notte non è stata una notte qualunque. Il sapore della prima volta è sempre più dolce: «Questa vittoria e questo torneo mi resteranno nel cuore», ha ammesso il ragazzo di Sesto Pusteria dopo aver battuto in finale l’australiano De Minaur
Sinner anelava un 1000 da almeno due anni, da quella finale contro Hurkacz persa con il magone a Miami nel 2021. Sinner era andato vicino a conquistarlo anche pochi mesi fa, ancora a Miami, sconfitto in finale questa volta da Medvedev. Ricordiamo poi, sempre nel 2023, le semifinali di Indian Wells e Montecarlo e quella a Wimbledon, finora il punto più alto di Jannik in uno Slam.
C’erano perciò dei conti in sospeso da saldare. Sinner li ha regolati: un Master 1000 è come una laurea triennale, un gradino sotto solo agli Slam. Sinner adesso è uno dei campioni più vincenti in attività e da ieri è anche numero 6 del mondo (best ranking) e quarto nella race che porta alle Atp Finals, dietro solo al triumvirato Alcaraz, Medvedev e Djokovic.
A Toronto, il nostro, è stato certamente favorito dalle eliminazioni di Alcaraz e Medvedev, le prime due teste di serie, ma per una volta ha raccolto i frutti concreti della sua proverbiale continuità, «la sua migliore attitudine tra le tante qualità che ha, Sinner è solido» ha detto al T nei giorni scorsi il capitano della nazionale Filippo Volandri.
A parte il passaggio a vuoto nelle due settimane di Roma e Parigi, sulla terra, infatti è dall’inizio dell’anno che Sinner vince e arriva in fondo a ogni torneo (ricordiamo anche la finale nel 500 di Rotterdam, battuto ancora da Medvedev). 42 partite vinte su 53 disputate il bottino stagionale, numeri che parlano da soli e figli soprattutto della crescita tecnica e fisica di Jannik, da un anno e mezzo seguito dal coach Simone Vagnozzi, a cui si è aggiunto nell’estate dell’anno scorso anche il grande Darren Cahill, il guru australiano, ex coach di Simona Halep e Andre Agassi.
Cahill ha influito sul miglioramento e l’ampliamento del bagaglio tecnico di Sinner, in particolare sui singoli colpi, dalle volée e alle palle corte. Vagnozzi, invece, ha accresciuto la sagacia tattica dell’altoatesino, oggi più bravo nella gestione e nella lettura della partita. Il preparatore atletico Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi completano lo staff ed è a loro che va il merito di aver cesellato il fisico di Sinner, negli scorsi anni piuttosto fragile.
E adesso, con una convinzione nuova, ricomincia il gran ballo. Sinner ha fame di vittorie: «Adesso quella è ancora più grande» ha ammesso il diretto interessato, che a Cincinnati ritrova Vagnozzi in coppia con Cahill (da solo in Canada): «L’ho videochiamato appena sono entrato nello spogliatoio, ci siamo sentiti tutti i giorni, lui è un riferimento, siamo un bel team», ha raccontato Sinner. Che a Cincinnati riparte dal secondo turno con il bye di testa di serie. Dopo l’Ohio si vola a New York, per l’ultimo major dell’anno, gli Us Open (dal 28 agosto), poi la penultima fase di Coppa Davis a Bologna (13-17 settembre), tra settembre e ottobre una capatina in Cina a Shangai (Master 1000) e poi la stagione indoor d’autunno con l’Open di Vienna e il Master 1000 Parigi-Bercy. Aspettando i due grandi appuntamenti novembrini: le Atp Finals di Torino e le finali di Coppa Davis a Malaga.