Il ricordo
sabato 4 Marzo, 2023
di Sara Alouani
Si dice che dietro a un grande uomo ci sia sempre una grande donna. Casa Beretta-Manić ne è l’esempio perfetto.
Insieme dal 1994, Massimo e Snjezana, per gli italofoni Gianna, visto che la pronuncia del nome è molto complicata come lei stessa riconosce, sono stati una coppia affiatatissima legata da un amore puro all’insegna della libertà. «Per Massimo l’importante era che fossi felice. Con lui mi sentivo libera, non era per nulla possessivo e mi rispettava moltissimo. Auguro a tutte le donne di trovare un marito come il mio. Faceva qualsiasi cosa pur di vedermi sorridere».
Apre la porta vestita di nero Snjezana, con i ricci al vento altrettanto neri, persino la montatura degli occhiali è nera. È indaffarata, sta facendo le pulizie e si scusa del disordine. Scuse che non necessitano di alcuna comprensione. Qualsiasi risposta sarebbe superflua. Questa volta non è sola in casa. Oltre alle due figlie ci sono anche la mamma e la sorella arrivate da Pola, sua città natale in Croazia.
Lui il braccio, lei la mente. Lo ripete più volte Snjezana che del marito vuole ricordare solo le cose positive e non intende parlare dell’incidente di cui è stato vittima martedì sera. Glissa sul discorso con una frase semplice ma che racchiude tutte le emozioni di quel tragico momento. «Mi è crollato il mondo addosso, per un attimo sono morta con lui» sospira la vedova. «L’ultima cosa di cui ho bisogno ora è la negatività, voglio solo luce». In vista del funerale che si terrà a Vigo Meano – e che verrà programmato una volta ottenuto il nullaosta dalla Procura, terminata quindi l’autopsia – la donna fa sapere: «Ho chiesto che vengano lette solo cose belle. Una mia amica leggerà delle poesie per lui».
I due coniugi sono partiti dal basso, 30 anni fa quando Massimo era ancora un operaio dipendente e Snjezana, che aveva mollato tutto in Croazia per seguire il suo grande amore, si era iscritta alla Facoltà di Economia di Trento per concludere il percorso di studi iniziato a Pola ed era senza una lira. «I primi tempi abbiamo affittato una casa in via Paludi, dormivamo per terra ma questo e altro pur di stare insieme». Poi, l’idea, suggerita dalla mente della coppia, di iniziare un’attività in proprio e da lì le cose sono andate migliorando sempre più, non senza fatica. «Ora abbiamo una casa in Croazia, una casa in montagna e questa casa a Vigo Meano dove abitiamo da una quindicina di anni». Snjezana spiega, orgogliosamente: «Tutto ciò che abbiamo è frutto di immenso impegno e dedizione al lavoro da parte di entrambi. Abbiamo pensato in modo previdente anche per garantire una vita migliore alle nostre figlie». E se non fosse stato per quella visione proiettata al futuro, a quest’ora, come dice lei stessa, «sarebbero in estrema difficoltà».
Snjezana non ama piangersi addosso e non ha nemmeno tempo da perdere. Dovrà chiudere l’attività del marito ma continuerà a gestire il suo locale in corso Buonarroti, cercando giorno dopo giorno un briciolo di felicità nelle piccole cose, «perché Massimo avrebbe voluto così». Massimo che, per i familiari, è come se non se ne fosse mai andato da casa.
«Sono uscita in giardino a fumare, cosa che ho ripreso a fare ora dopo sei anni, con me Arim (il cane) – riferisce la donna – e ho detto ad alta voce a mio marito di non preoccuparsi e di andare in pace. In quel momento tutti i cani del quartiere si sono messi ad ululare all’unisono. Impressionante. Sono certa che l’anima di mio marito sia e sarà con noi per sempre».
L'inchiesta
di Tommaso Di Giannantonio
L'incidente a San Martino di Castrozza, il padovano di 7 anni è ancora ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il piccolo era sul mezzo in uso alla Polizia insieme all’amico del papà