Diritti
domenica 4 Agosto, 2024
di Tommaso Di Giannantonio
Da Roma a Vibo Valentia, da Biella a Caltagirone, da Trieste a Torino. Da settimane nelle carceri italiane le persone detenute protestano contro il sovraffollamento. Una situazione aggravate dal caldo, dalle temperature elevate. Trento non fa eccezione. «Nei giorni scorsi è iniziata la cosiddetta battitura anche nella casa circondariale di Spini di Gardolo», dice Andrea de Bertolini, consigliere provinciale del Partito Democratico. In pratica i detenuti hanno cominciato a sbattere pentole e altri suppellettili sulle sbarre per richiamare l’attenzione. «Dobbiamo cambiare rotta — considera de Bertolini — Dobbiamo adottare una nuova strategia che coinvolga tutti gli attori territoriali per garantire la dignità dei detenuti e di chi lavora in carcere».
Il livello di sovraffollamento ha raggiunto cifre che rendono particolarmente dure le condizioni di vita dietro le sbarre. Il numero di suicidi è allarmante: da inizio anno sessanta persone si sono tolte la vita all’interno delle carceri italiane. A livello nazionale si contano oltre 60mila detenuti su una capienza massima di 50mila posti. A Trento ci sono circa 360 persone su una capienza originaria di 240. «Nella casa circondariale di Spini — spiega de Bertolini, di professione avvocato penalista, già presidente dell’Ordine degli avvocati del Trentino — ci sono due ulteriori criticità». La prima è «legata al Tribunale di sorveglianza di Trento — prosegue — Per molto tempo le risposte alle richieste di permesso sono arrivate in ritardo, quando ormai il motivo della richiesta era svanito. Questa situazione ha sovraccaricato le tensioni perché i detenuti hanno aspettative enormi sui permessi». I permessi, infatti, permettono ai detenuti di mantenere un legame (affettivo) con la vita fuori dal carcere.
«La seconda criticità — denuncia il consigliere dem — risiede nell’area educativa. In Trentino gli educatori previsti in pianta organica sarebbero 8, ma sono stati 2 per molto tempo. Adesso sono stati inseriti nuovi educatori, quasi tutti giovani, ma si riscontrano ancora alcune criticità nel garantire questo importante supporto psicologico». I colloqui con gli educatori, infatti, rappresentano spesso «un luogo di compensazione di sofferenze e solitudini».
Questo mix di fattori ha causato un clima di insofferenza anche nel carcere di Trento. «Oltretutto la comandante è stata trasferita ed è appena arrivato un nuovo comandante: in questo momento manca anche una cabina di regia autorevole e unitaria», dice de Bertolini. Ma allora, vista la situazione, «come possiamo mettere a terra iniziative che possano testimoniare la volontà condivisa di cambiare rotta? Il consigliere prende spunto dal segretariato permanente istituito da poco all’interno del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) su iniziativa del ministero della Giustizia: un organismo finalizzato alla realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti. «Finalmente ci si è resi conto che il detenuto avviato al lavoro ha un tasso di recidiva prossimo allo zero, mentre chi ha un percorso solo all’interno delle mura carcerarie ha un tasso di recidiva pari al 70% — dice il consigliere del Pd — Sul nostro territorio c’è la possibilità di creare un modello virtuoso che coinvolga tutti gli attori (politica, magistrati, avvocati, terzo settore, imprese) nella promozione di percorsi extradetentivi. Un’iniziativa altamente simbolica e pratica è quella promossa dal procuratore capo Sandro Raimondi: entro fine anno si conta di aprire una pizzeria fuori dal carcere con le pizze fatte dai detenuti». Più in generale «è necessario programmare interventi di medio-lungo termine: non c’è più tempo». E da questo punto di vista «sarà cruciale la nomina del garante dei diritti dei detenuti (in arrivo a settembre) — afferma — perché è la figura che dovrà presidiare l’attuazione concreta dei principi di rieducazione e risocializzazione delle persone detenute».
Infine, de Bertolini torna a chiedere di avviare il percorso per una norma di attuazione dello Statuto che permetta alla Province autonome di esercitare la delega sulla gestione del personale educativo nelle carceri regionali. «Nella prima legislatura Fugatti sono stati fatti passi avanti per aumentare i servizi sul territorio al fine di dare sostegni concreti a chi si deve occupare dei detenuti. Adesso — conclude — il passaggio ulteriore è l’acquisizione della competenza sugli educatori in un’ottica di qualità effettiva del servizio».