L'inchiesta
giovedì 10 Ottobre, 2024
di Daniele Benfanti
«Abbiamo dato una spallata storica alla criminalità organizzata impegnata nello spaccio sulle piazze di Rovereto e Riva del Garda, con propaggini a Trento». Orietta Canova, procuratrice generale della Repubblica a Rovereto, ha fotografato così, ieri in conferenza stampa presso il palazzo di Giustizia di Trento, la maxi-operazione antidroga condotta insieme da Polizia di Stato e Carabinieri tra il capoluogo della Vallagarina e la Busa.
Oltre un anno e mezzo di indagini coordinate
Ieri mattina (9 ottobre) all’alba a Riva, gli ultimi tre presunti responsabili sono stati assicurati alla giustizia.
Vale la pena chiamarla maxi-operazione perché oltre alle 33 ordinanze di misure cautelari (quasi in egual misura cittadini italiani e di origine albanese) le indagini e l’azione coordinata di Carabinieri e Polizia ha portato al sequestro di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana e mdma, una sorta di ecstasy) per un valore di 160mila euro (40mila solo i sequestri di ieri mattina), gli altri 120mila nei mesi scorsi (pari a 28mila dosi), e sono finiti nel mirino delle forze di polizia oltre 2mila cessioni di droga e ben 150 acquirenti. Dei 33 presunti responsabili dello spaccio, 14 sono stati raggiunti da ordinanza cautelare in carcere, 11 hanno l’obbligo di dimora nel comune di residenza e 8 sono agli arresti domiciliari. «Una spallata che ha tolto dal mercato 700 grammi di cocaina, 4 chili di hashish e 100 grammi di marijuana nell’arco delle indagini, partite a febbraio dell’anno scorso» ha sottolineato la procuratrice roveretana. Il sodalizio criminoso era strutturato con una gerarchia che prevedeva compiti e ruoli precisi per ogni appartenente e al suo interno, se serviva, si ricorreva anche alla violenza: chi solo immaginava di servirsi altrove per approvvigionarsi, veniva «sistemato» con la violenza. Alcuni dei 33 soggetti colpiti da misure cautelari erano aiutati da familiari, che prestavano automobili o custodivano denaro e stupefacente.
L’inizio «casuale» delle indagini
Due tentate aggressioni «fantasma» hanno destato l’attenzione e i sospetti dei carabinieri. In centro storico a Riva erano stati chiamati due volte in due giorni per intervenire a sedare un’aggressione. Ma, giunti rapidamente sul posto, gli uomini della pattuglia del radiomobile dell’Arma non trovavano né l’aggressore (cosa plausibile e frequente), né l’aggredito. I due episodi ravvicinati hanno acceso l’intuito investigativo e spinto a richiedere al Comune di Riva la visione dei filmati di due telecamere pubbliche: dall’analisi le forze dell’ordine (i carabinieri guidati dal maggiore sono risalite ai sospetti e hanno capito che le tentate aggressioni rientravano nelle dinamiche malavitose legate alla divisione della piazza di spaccio del centro storico rivano. L’aggressore è risultato essere già noto alla giustizia per atti criminali compiuti fuori Trentino. La catena di comando è stata così ricostruita: un braccio operativo (che minacciava e aggrediva fisicamente, aveva un’arma detenuta illegalmente) e sopra di lui la «mente», un soggetto più scaltro, meno violento, che riceveva e custodiva lo stupefacente: un operaio che aveva comprato un costoso appartamento. Una terza persona collaborava a «tagliare» la droga in quell’appartamento, che è stato sequestrato e nel quale sono stati trovati contanti, 785 grammi di cocaina pura, due orologi Rolex da 25mila euro l’uno e bottiglie di champagne e vini pregiati per un valore di circa 10mila euro. Alla banda piaceva la bella vita e qualche lusso. Anche la Polizia monitorava i movimenti di alcuni spacciatori e in controlli aveva intercettato un grosso carico di hashish destinato a Riva. I due filoni di indagine si sono congiunti. «Un’operazione nata dalla gestione di reati ordinari e che ha visto collaborare Polizia e Carabinieri» ha riassunto Patrizia Foiera, procuratrice vicaria a Trento.