il caso
domenica 3 Novembre, 2024
di Walter Facchinelli
Infermieri dal Paraguay? «Una sfida vinta». Questo il commento della Casa di Riposo San Vigilio – Fondazione Bonazza a Spiazzo, dove 11 dei 13 operatori sanitari arrivano da lontano. Oggi lo staff infermieristico della struttura conta 10 infermieri paraguayani, due infermiere della zona, Maria e Amelia, ed Eda di origini albanesi, coordinate da Sabrina Pegurri col direttore Roberto Povoli. Tutto ha inizio in piena pandemia da Covid-19. «L’Azienda sanitaria provinciale bandisce il concorso per infermieri e 4 giovani operatori di 23-24 anni vincono la selezione e lasciano la Rsa con la voglia di andare a lavorare nell’ambito dell’emergenza sanitaria». Aggiunge il direttore Povoli: «In Italia non trovammo nessuno disposto a venire a Spiazzo e saremmo stati costretti a diminuire il numero di ospiti, oggi 117, e i servizi nella Rsa». Fortunatamente la soluzione a Spiazzo l’avevano in casa. «Cinzia, un’infermiera paraguayana che lavora da noi da una quindicina d’anni, si rese disponibile a verificare se una sua parente era disposta a venire da noi».
Il Decreto Emergenza (18/2020) «ci ha permesso di reclutare temporaneamente operatori sociosanitari con titoli conseguiti in Paesi extraeuropei» e così, a febbraio 2021 a Spiazzo ne sono arrivati ben quattro: Fernando con la moglie Natalia, Jessica e Cristian. «Abbiamo collaborato con l’Università e l’Ambasciata del Paraguay, ma è stata fondamentale la collaborazione di Giancarlo Ruscitti allora dirigente del Dipartimento salute della Provincia, del suo staff e del comandante dei Carabinieri di Spiazzo Cristiano Demo, insieme abbiamo superato molte lungaggini burocratiche che impedivano il loro arrivo» prosegue Povoli. «Qualche mese dopo dalla Lombardia ci ha raggiunto Gabriel, paraguayano che aveva sentito che da noi c’era un gruppo di infermieri del suo Paese». Nell’estate 2021 alla Rsa di Spiazzo sono arrivate Silvana, Viviana, Anabel e poi Diana.
È stato tutto facile? «No» per Sabrina Pegurri, bergamasca e coordinatrice sanitaria: «è stata una sfida impegnativa, ma riuscita». Alloggio e la lingua italiana sono stati gli scogli più grandi, uniti a tante piccole ma vincolanti incombenze burocratiche. La presidente della Rsa Giovanna Tomasini ci racconta: «In val Rendena prevalgono le locazioni turistiche brevi, tant’è che io e il direttore ci siamo fatti garanti per loro nel trovare una casa a Spiazzo». Riguardo all’insegnamento dell’italiano «è stata una sfida riuscita. Grazie a Carla Forlani abbiamo superato brillantemente questo problema». Dal 2021 lei si è messa gratuitamente disposizione per due giorni a settimana per insegnar loro l’italiano. «Oggi sono arrivati al congiuntivo» sorride Tomasini. «Carla li ha aiutati anche come interprete in molte faccende burocratiche». Noi, aggiungono Povoli e Pegurri, «li abbiamo supportati nell’apprendere i termini specifici del linguaggio sanitario». Risultato: tutti parlano benissimo l’italiano, tant’è che due di loro hanno superato l’esame e sono volontari nella Croce Rossa.
A dicembre 2025 scade il loro permesso di soggiorno di lunga durata, per questo non possono fare il concorso, però, dice Povoli, «sono tutti iscritti all’Ordine degli infermieri e questo ci permetterà di avere una proroga, perché non vogliamo perderli». Il giudizio su di loro? «Più che positivo, siamo molto soddisfatti. Sono una bella risorsa e non vorremmo perderli. Sono ben integrati nella struttura, parlano bene l’italiano, hanno una grande sensibilità e un bell’approccio con le persone – affermano direttore e presidente – Recentemente abbiamo fatto dei report con i familiari per raccogliere il loro punto di vista, e non è emersa alcuna criticità». Per Sabrina Pegurri «sono brave persone. Sono soddisfatta e molto contenta di tutti. Li conosco bene e ne capisco le esigenze, li ho un po’ adottati e mi sono affezionata a loro». Per molti questa non è una scelta definitiva di vita, prima o poi torneranno in Paraguay. La nostalgia di casa e dei familiari lasciati è forte. «Fortunatamente sono un gruppo ben affiatato, se uno sta male stanno male tutti, questa rete di vera comunità li aiuta molto». Sorridendo aggiunge: «L’unica speranza è che qui trovino l’amore e scordino la nostalgia. Hanno un approccio molto bello con gli ospiti, da loro i nonni li hanno ancora in casa e portano loro grande rispetto. Qui da noi c’è benessere economico, ma abbiamo perso tutto, c’è molta solitudine e indifferenza».
volontariato
di Redazione
Il 16 novembre a Trento il capo nazionale Ciciliano. Focus sul ricambio generazionale. Stefano Fait, dirigente generale Protezione civile: «Il 90% dei nostri operatori sono volontari»