carcere
martedì 5 Novembre, 2024
di Massimo Furlani
Quasi 400 detenuti, un deficit di circa 50 agenti di polizia, 84 atti autolesionisti e 5 suicidi in 10 anni, l’ultimo nel 2023. Sono i numeri che raccontano dell’emergenza all’interno del carcere di Spini di Gardolo che ieri sono stati presentati al Consiglio provinciale dalla garante dei diritti dei detenuti Antonia Menghini: «Sono qui a presentare una nuova relazione sulla mia attività – spiega – Perché la situazione delle carceri a livello italiano e locale è tale da richiedere un aggiornamento. Serve tenere costantemente alta l’attenzione sul tema per i trend riguardanti il sovraffollamento e il numero dei suicidi all’interno di queste strutture, che sono in costante crescita».
I dati sono preoccupanti
La garante legge la situazione attraverso numeri che descrivono una situazione al limite: «Nel 2015 a livello nazionale si erano verificati 39 suicidi in carcere, oggi dopo il drammatico picco di 85 nel 2022 ne contiamo 77 in questo 2024, quasi uno ogni quattro giorni». Il fenomeno del sovraffollamento riguarda anche la casa circondariale di Spini di Gardolo: «Secondo i dati aggiornati allo scorso 30 settembre i detenuti in questo istituto sono 372 in costante crescita — specifica Menghini — ma il dato che mi preme sottolineare è quello relativo al numero di donne detenute: oggi sono 48, si sono toccate punte di 53, ed è una cifra più che raddoppiata solo rispetto al 2020».
Missioni rieducativa fallita
La garante ricorda a cosa serve il carcere: «Non dobbiamo dimenticare che il carcere, secondo la Costituzione, deve adempiere a una missione rieducativa che non significa imporre a tutti i costi un cambiamento di mentalità, ma garantire il diritto all’autodeterminazione e quindi ad accogliere o meno l’offerta trattamentale che viene proposta. I numeri attuali richiedono che questa offerta sia cambiata e adeguata per essere fruita da tutte le persone detenute a Spini».
Suicidio e autolesionismo
Per quanto riguarda invece il delicato tema dei suicidi nella struttura di Gardolo, le maggiori preoccupazioni derivano dall’aumento in generale degli atti autolesionisti: «Negli ultimi 10 anni i suicidi in questo carcere sono stati 5 — dichiara Menghini — e l’ultimo è stato a novembre 2023. A questi però si associano 84 episodi di autolesionismo in un solo anno, ed è su questi che dobbiamo ragionare e trovare il modo di incidere: l’intervento degli operatori per sventare questi tentativi è una variabile casuale, di fronte alla morte di un detenuto si può solo pensare a cosa si sarebbe potuto fare perché le cose andassero diversamente mentre di fronte a un tentato suicidio si può ancora fare moltissimo». Altri dati, quelli sulla condizione psichiatrica, e si scopre che presso la casa circondariale di Spini i detenuti con diagnosi psichiatriche maggiori (psicosi, disturbi depressivi, gravi disturbi ansioso-ossessivo, gravi disturbi di personalità, gravi disturbi del controllo degli impulsi), nel primo semestre 2024, erano 83 (il 22% rispetto al numero complessivo di presenti) di cui 21 in doppia diagnosi (in condivisione con il SerD), 65 uomini e 18 donne (60% rispetto al numero di donne presenti).
Carcerati e carcerieri
Tornando a Spini, un altro tema: «All’aumento di detenuti si associa la mancanza di circa 50 agenti di polizia penitenziaria — spiega la garante — e inoltre c’è una quasi totale assenza di contabili e ragionieri di cassa: per tutto il 2023 si è fatto affidamento a un singolo dipendente esterno, di Padova. Lavorare all’interno delle carceri è logorante, sia dal punto di vista fisico che psicologico: questi operatori vanno quindi messi nelle condizioni di farlo in maniera serena e professionale».
Fare di più per il carcere
L’appello è quindi ad aumentare le risorse ma, in generale, a prestare maggiore attenzione a queste condizioni all’interno delle strutture: «Una maggiore attenzione da parte delle istituzioni all’interno di questi istituti è imprescindibile. Serve che questi attori ricostruiscano la loro conoscenza di questo mondo, troppe volte ho sentito discorsi preconfezionati da parte di persone che non hanno mai messo un piede fisicamente all’interno di un carcere. Ma solo la conoscenza del fenomeno e di cosa si sta parlando può aiutare a cambiare le cose. A mio modo di vedere, poi — osserva Menghini — bisogna trovare il modo di incidere su una riduzione del numero di detenuti, ampliando l’accesso a misure alternative: questo tenendo soprattutto presente che per la maggior parte di loro si parla di periodi di detenzione medio-brevi, e che quindi sono persone con cui la società dovrà “fare i conti” quando bisognerà pensare alla loro reintegrazione».