val di cembra
giovedì 2 Marzo, 2023
di Luca Fazzi
La val di Cembra, come altri territori montuosi italiani, non è esente dal problema dello spopolamento e della chiusura di servizi essenziali. A Grauno, una frazione con circa 150 abitanti del comune di Altavalle, nel 2021 ha chiuso definitivamente l’osteria Il Grillo, ultimo luogo di aggregazione del paese. Essendo l’osteria in locali di proprietà pubblica, il comune di Altavalle e la comunità di valle della val di Cembra hanno deciso quindi di indire un bando di coprogettazione per cercare una nuova gestione del ristorante che potesse prestare anche ulteriori servizi alla comunità e in più offrire percorsi di inclusione lavorativa. È nata così la collaborazione delle cooperative sociali CS4 e Le Rais (formalizzata con un contratto di rete) con il comune, la comunità di valle, il Servizio Sociale e la Rete di Riserve Val di Cembra Avisio e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.
«C’è il problema di garantire i servizi», dice Elisa Rizzi, giovane e motivata responsabile dei servizi socio-assistenziali della Comunità della Valle di Cembra. – Anche l’ultimo negozio di alimentari aveva chiuso e sembrava che non fosse più possibile pensare a qualcosa di nuovo per rilanciare la zona». Ora, però, oltre al servizio di bar e ristorante, questo progetto comunitario offre anche altri servizi alla comunità, soprattutto alle fasce più fragili, come la consegna di generi alimentari, la consegna di farmaci, l’assistenza informatica, la consegna di pasti per gli anziani, eventi culturali e altre occasioni di incontro e confronto per la popolazione del luogo.
Quella descritta è una delle primissime esperienze di co-progettazione in Trentino e in Italia. La co-progettazione è un modo per ripensare radicalmente le politiche sociali locali. Finora, anche in Provincia di Trento, le amministrazioni pubbliche finanziavano le organizzazioni del terzo settore acquistando servizi. Con la co-progettazione cambia tutto: non c’è più chi finanzia e gli altri forniscono i servizi, ma si fa insieme. Si concordano gli obiettivi più utili per la comunità e ognuno porta i suoi: lavoro, finanziamenti, volontariato, uso degli spazi comuni. Siamo in un momento in cui non possiamo più affrontare i problemi da soli e dobbiamo pensare a strumenti e politiche per fare le cose insieme.
L’indagine realizzata da Euricse – l’istituto di ricerca fondato da Carlo Borzaga, che promuove la conoscenza e l’innovazione nell’ambito delle imprese cooperative e sociali e delle altre organizzazioni nonprofit di carattere produttivo – segna una tappa importante per definire le linee del nuovo modo di costruire il welfare sociale a livello locale. Dire che gli obiettivi non sono più solo sociali e che il lavoro sociale non è più solo una spesa ma crea valore aggiunto per il territorio significa cambiare passo e aprire scenari nuovi e incoraggianti per un futuro non facile per nessuno.
A riprova del fatto che un cambio di marcia è possibile e che il Trentino ha le carte in regola per provare a raccogliere le nuove sfide, la coprogettazione ha iniziato a suscitare interesse anche a Trento. L’assessora Chiara Maule ha mobilitato il suo assessorato per sperimentare questa nuova strada nell’ambito degli interventi per bambini, ragazzi e famiglie della Valle dell’Adige. L’obiettivo di questo percorso è ambizioso: superare la settorializzazione dei servizi socio-assistenziali e aprirsi al mondo della cultura, dello sport, della scuola, dell’educazione e della salute. L’impegno per il Comune è notevole, ma la sfida, a giudicare dalla grande partecipazione di enti e associazioni, val la pena di essere vinta.
La risposta del terzo settore è stata finora più che positiva. «Ci vuole molto coraggio per tracciare nuove strade – osserva Francesca Gennai, vicepresidente di Consolida, il consorzio delle cooperative sociali trentine – ma sono i bisogni che ci spingono a uscire dalla nostra zona di comfort. Abbiamo tutti la responsabilità di metterci in gioco», e il fatto che non possano più essere solo i singoli servizi a dare risposte all’ondata di nuovi problemi sociali – invecchiamento della popolazione, famiglie che devono conciliare lavoro e tempi di vita, giovani Neet, spopolamento delle aree interne – è ormai chiaro a molti. Lavorare a compartimenti stagni non è più possibile, dobbiamo unire le forze e aumentare la responsabilità condivisa.
Anche la Provincia da sempre interlocutore privilegiato delle politiche sociali territoriali ha colto la portata della partita. Federica Sartori, dirigente del servizio politiche sociali, ha organizzato gruppi di lavoro per delineare le linee guida per l’affidamento dei servizi socio-assistenziali, che comprendono anche strumenti come la co-programmazione, la co-progettazione o altre pratiche di collaborazione tra enti pubblici e terzo settore, che in questo ambito hanno un effetto moltiplicatore dei risultati.
Nel frattempo, mentre fervono i preparativi per nuovi progetti anche in molte altre comunità di valle della provincia, a Grauno si tirano le somme di questa prima esperienza pilota. «Siamo soddisfatti – dice Elisa Rizzi – perché lavorare per il bene della comunità è certamente un presupposto per garantire anche il benessere di tutte le persone. Disabili e giovani in inserimento lavorativo corrono su e giù per la cucina e la sala da pranzo, seguiti dagli educatori che si alternano al lavoro. A giudicare dall’odore che esce dalla cucina e dai tavoli pieni di avventori a Grauno, nei prossimi mesi ci sarà di nuovo da fare».