Politica
venerdì 10 Marzo, 2023
di Redazione
Il Consiglio dei ministri convocato a Cutro per dare «un segnale simbolico e concreto» dopo la strage di migranti sulle coste calabresi si chiude con un decreto approvato all’unanimità in tema migranti e una conferenza stampa in cui Giorgia Meloni finisce più volte incalzata dai giornalisti in merito alla ricostruzione degli eventi del naufragio del 26 febbraio. Nel chiostro del municipio le domande alla premier si susseguono una dopo l’altra, in un clima a tratti teso. Al termine viene chiesto il perché non sia stata organizzata una tappa a Crotone per incontrare i familiari delle vittime. Meloni si giustifica, («Abbiamo finito adesso») e spiega che il governo ha lavorato «per sistemarli in albergo, per dare loro una condizione dignitosa». Una nota della Presidenza del Consiglio ha poi annunciato che Meloni inviterà «nelle prossime ore i familiari delle vittime della tragedia di Cutro a Palazzo Chigi». Meloni è stata accolta nel paese da applausi ma anche dal lancio di peluche in segno di protesta da parte di alcuni manifestanti. Hanno girato il web anche alcune scritte comparse lungo la strada provinciale che collega Cutro a Steccato di Cutro contro il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Al termine della trasferta, Meloni ci tiene a sottolineare che «è la prima volta che un Cdm si svolge sul luogo in cui si è consumata una tragedia legata al tema migratorio. Il nostro compito è cercare soluzioni ai problemi». Ecco perché, spiega, «abbiamo licenziato un decreto che affronta questa materia e lo abbiamo fatto per ribadire che siamo determinati a sconfiggere la tratta di esseri umani. La nostra risposta a ciò che è accaduto è una politica di maggiore fermezza sul tema». Insomma, se qualcuno pensa che per i fatti di Cutro «modifichiamo la nostra linea si sbaglia di grosso. Faremo tutto quello che va fatto per combattere e fermare questi criminali. Questa gente io la voglio sconfiggere». E a chi le chiede dei dl Sicurezza di Matteo Salvini ripresentati in parlamento dalla Lega, replica netta: «Diverse norme della proposta sono comprese in questo provvedimento».
Da cui invece esce, rispetto alla bozza iniziale, la norma legata al potenziamento della sorveglianza marittima. Proposta «ritirata da Crosetto per due ragioni – spiega la premier – perché il nostro sistema funziona e perché c’è un precedente non fortunatissimo sull’utilizzo della marina che è quello di “Mare nostrum”».
La norma “principale” del dl approvato all’unanimità in Cdm prevede invece un aumento delle pene per il traffico di migranti e l’introduzione di una nuova fattispecie di reato relativa a morte o lesioni gravi in conseguenza del traffico di clandestini che prevede per gli scafisti una pena fino a 30 anni di reclusione nel caso muoiano delle persone. «Il reato – annuncia Meloni – verrà perseguito dall’Italia anche se commesso al di fuori dei confini nazionali. Consideriamo questo un reato universale, quello che intende fare questo governo è andare a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo».
Non solo, «il tentativo di uniformare le altre nazioni» alla nuova fattispecie di reato contro i trafficanti, «e di collaborare ai fini di perseguire e condannare queste persone, sarà oggetto di accordi bilaterali coi Paesi in cui la tratta viene organizzata». Nel decreto sono poi inserite norme sulla semplificazione delle procedure di espulsione, per il potenziamento dei centri di permanenza finalizzati al rimpatrio, per intervenire nei casi di gestione opaca dei centri per migranti. Viene inoltre ristretta la “protezione speciale”, «una fattispecie – prosegue Meloni – allargata a dismisura: l’intento del governo è di abolirla e sostituirla con una norma di buonsenso che corrisponda alla normativa europea di riferimento».
Un altro modo «per combattere i trafficanti», rimarca la premier «è dare il messaggio che in Italia non conviene entrare illegalmente, non conviene pagare gli scafisti per rischiare di morire. È la ragione per la quale ripristiniamo i decreti flussi a livello triennale». Meloni, infine, difende l’operato del governo sui soccorsi legati al naufragio di Cutro, spiegando che «non poteva fare nulla di più o di diverso».