L'intervista
mercoledì 27 Marzo, 2024
di Simone Casciano
L’idea di oggi, scaturita dalla scintilla di ieri. Se SuperTrento, il percorso partecipato promosso dal Comune per disegnare la città libera dalla ferrovia, è figlio dell’attuale giunta è anche nipote di un sindaco e di un architetto di più di venti anni fa. Fu Alberto Pacher, primo cittadino di Trento dal 1998 al 2008, a coinvolgere l’architetto catalano Joan Busquets che per primo immaginò l’interramento della ferrovia e la nascita di quel boulevard urbano, ora immaginato come corridoio della mobilità sostenibile. Un lavoro che confluì poi nella variante al Piano regolatore generale del 2001. Ventitré anni dopo, guardando alle cartine realizzate da SuperTrento, Pacher vede le stesse intuizioni declinate in una veste contemporanea.
Pacher consa ne pensa delle linee guida nate da SuperTrento?
«Penso che sia una buona continuazione del lavoro di tanti anni fa, una buona elaborazione dell’intuizione originaria. Già allora Busquets aveva intuito che la ferrovia fosse una cesura tra due parti della città, uno squarcio che non poteva essere compensato solo con i sottopassi. Eliminare il transito dei treni, recuperando l’areale ferroviario, significa quindi ricucire due parti di città, avvicinandola anche nel suo insieme al fiume e reintegrando anch’esso al tessuto urbano. Sarà un’enorme valorizzazione di tutta la pate ovest della città. È chiaro che il progetto di SuperTrento è diverso da quello di venti anni fa, ma perché nel frattempo è la città ad essere cambiata. Ciò che è rimasto uguale è il principio di fondo, spostare il traffico ferroviario recuperando così il tessuto urbano, e il metodo».
Si riferisce al percorso partecipato?
«Sì, ha fatto molto bene il Comune a farsene carico e a coinvolgere la città. Del resto anche nel 2001 il lavoro fatto con Busquets fu accompagnato da grande partecipazione. Nell’urbanistica questo è importante, ma anche facile. Perché in fondo si parla di casa nostra. Le persone partecipano perché è un po’ come discutere delle stanze e degli arredi di un’abitazione comune. È molto bello e si tratta di una prassi consolidata».
C’è qualche suggestione che l’ha colpita di più?
«È l’insieme a piacermi molto, poi bisognerà vedere come si trasformerà al momento dei progetti veri e propri. È figlio del metabolismo urbano il fatto di essere vivo e mutevole. Nella mia esperienza da sindaco ho visto che i progetti funzionano quando si evolvono, adattandosi al contesto in cui si inseriscono. In questo senso le suggestioni di SuperTrento mi sembrano positive, uniscono funzionale e bello, aprendo a una città maggiormente policentrica».
Al centro del progetto c’è il grande boulevard della mobilità sostenibile.
«È fondamentale, noi al momento, sull’asse nord-sud di Trento, abbiamo delle strozzature ineludibili. Penso a Via dei Ventuno sotto il Buonconsiglio, dove scorre un volume di traffico simile a quello della tangenziale, ma anche a via Rosmini. Si tratta di percorsi non modificabili, perché collocati in aree di pregio. Per questo una nuova asse nord-sud della mobilità pubblica diventa rivoluzionaria».
Ed è un progetto che sarà valido anche nei prossimi anni?
«Assolutamente, ci sono variabili, ma il trasporto pubblico è centrale oggi e lo sarà ancora di più domani. Noi sappiamo che dobbiamo aumentare la frequenza e velocizzare il trasporto sull’asse nord-sud della città, ma non ci sono soluzioni tecnologiche alternative. L’unica soluzione è creare nuovi assi di collegamento, non importa se su rotaia, filo o gomma. La metro funziona bene perché è ad alta frequenza e alta velocità. Una persona va alla fermata e non ha bisogno di conoscere gli orari, perché sa che in pochi minuti passa e che arriverà a destinazione in breve tempo. Questo è un obiettivo valido oggi, come tra 10 anni e va realizzato il prima possibile».
Pacher nel suo progetto Busquets immaginava un boulevard in cui passavano anche macchine?
«Non è mai arrivato a quel livello di dettaglio, ma l’idea a cui pensava molto era proprio quella della mobilità pubblica».
Quindi se oggi vedesse SuperTrento sarebbe soddisfatto?
«Credo proprio di sì, perché l’idea di fondo è quella. Tante cose sono cambiate in venti anni, ma il piano è simile. Realizzare un grande asse della mobilità sostenibile dove una volta sorgeva la ferrovia lo vedrà contento».